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Adattarsi, nel bene e nel male

È TIPICO DI NOI ESSERI UMANI: ADATTARSI . Adattarsi a tutto. Non c'è bisogno di scomodare il buon Darwin e la scienza dell'evoluzione. Fa parte della nostra natura: chiamiamolo istinto di sopravvivenza o in altri modi, il concetto è sempre quello. Ad esempio, dopo che ci siamo abituati a un determinato spazio, noi siamo spinti a dividerlo, riusciamo a dividerlo ancora e poi a dividerlo sempre di più. Riuscendo alla fine a trovare un nostro modo di stare, una nostra dimensione in uno spazio sempre più ridotto. Ci adattiamo a vivere anche in monolocali da pochi metri quadrati... La stessa cosa vale per i soldi o le risorse in genere: una volta abituati a una determinata condizione, impariamo a rimodulare la nostra vita con quello che abbiamo. E lo stesso accade quando le risorse disponibili diminuiscono, se sono sempre di meno.  Non sempre tale spirito di adattamento segue percorsi virtuosi. Ci adattiamo spesso anche a situazioni di comodo. Di comodo per noi, ovviamente. Così cap...

Racconto breve: RITORNO - © di Marcus

Come facevo ormai da mesi, anche quella mattina ho cliccato sulla familiare icona con la W azzurra. Ordinato e rassicurante nella sua griglia di impaginazione, l’incipit del mio libro è apparso sullo schermo. Qualche tasto premuto nella giusta sequenza e subito ho raggiunto la fine dell’ottavo capitolo, là dove ieri sera tardi avevo messo un punto alle quotidiane fatiche di ricercatore. Ed è lì che ho fatto la scoperta di cui ancora faccio fatica a capacitarmi. Come può essere accaduto?

Devo fare chiarezza. Chi leggerà queste righe ha diritto di sapere, perché niente sarà più come prima. Ed allora è bene che io faccia un passo indietro e racconti più possibile sull'inizio della storia. Sono un ricercatore universitario presso la cattedra di filosofia dei numeri della facoltà di matematica. Ho alle spalle una lunga e proficua esperienza costruita in anni e anni di ricerche e studi nel team del professor Mainardi. Il mio apporto al gruppo – di certo non tra i più importanti, almeno fino a ieri – riguarda la teorizzazione dei limiti del concetto di paradosso. E proprio all’Apologia del paradosso è dedicato l’ultimo di una trilogia di saggi: quello che, non senza fatica, mi vede impegnato da quasi un anno sulla tastiera del mio pc. Quello che, come stavo dicendo, avevo lasciato ieri sera con soddisfazione alla fine dell’ottavo capitolo, dal titolo Entropia e opposti.

Ed è a questo punto che la storia decide di andarsene per conto proprio, vagando là dove il confine fra la realtà e il sogno non è diverso da quello che separa la ragione dalla follia. Ricordavo perfettamente, infatti, di aver concluso l’ultima frase facendo riferimento a ragionamenti espressi solo qualche pagina prima. Ricordavo perfettamente che le ultime parole da me digitate e salvate in quel file rimandavano a quanto sostenuto nel presente capitolo otto. Eppure, ora quelle parole non costituivano più la fine del documento, ma un suo nuovo inizio. Un inizio del tutto arbitrario!

Mi spiego meglio. Da quello che fino alla sera prima credevo fosse il punto di approdo del mio ragionamento e, in ogni caso, la frase conclusiva del mio periodare, partivano ora parole e parole, e poi frasi, e intere pagine di pensiero scritto in una lingua oscura. Non ne compresi subito il significato, confuso com’ero da quel che avevo davanti agli occhi. E, forse... chissà, sarebbe stato meglio continuare ad ignorare tutto. Tuttavia, ricordo ad un certo punto di aver digitato un Ctrl-End per andare direttamente alla fine del documento e qui mi sono accorto con orrore che le parole continuavano a scriversi da sole, in rapida successione, generandosi automaticamente, una dopo l'altra, sullo schermo.

Ormai in preda all’ansia e dopo ben più di qualche istante, sono tornato a quella parte di testo che fino a poco prima – ma doveva essere passato qualche migliaio di anni, in realtà – fino a pochi istanti prima credevo corrispondesse alla fine di quell’ottavo capitolo. E solo allora ho cominciato a comprendere. Dopo la parola otto, qualcuno – qualcosa? – aveva digitato il numero 8 e poi, di seguito, rovesciando il carattere precedente, il segno . L’infinito… L’infinito che è tutto, è la ruota, il circolo… l’alfa e l’omega… Ricordo di aver fatto un pensiero simile appena un attimo prima di riprendere l’analisi delle lettere sullo schermo. Dopo , ecco di nuovo 8 e poi ancora otto, e quindi le sconcertanti parole olotipac etneserp len. E così via: tutto il mio libro riscritto alla rovescia!

“Dio mio, ma non esiste un comando per fare questo con Word!”, mi sono sentito esclamare a voce alta. Confuso e terrorizzato al tempo stesso, ho alzato lo sguardo dallo schermo e, sconvolto, ho infilato la mia testa fra le mani, stringendola, temendo di impazzire. “Ma quale Entropia e opposti… Qua si torna tutti a casa!”.

Il pensiero mi colpì duro, attraversandomi come una lama di luce: un’illuminazione infausta e definitiva, che tuttavia rimaneva ancora e soltanto teoria. Ho riaperto gli occhi, lo sguardo nervoso rivolto per caso all’orologio sul muro. E la danza dei secondi che battevano all’indietro.

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