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88 Arenula e tutto cominciava...

E SONO 37! Trentasette anni di ufficio stampa nello stesso ministero. Un lasso di tempo niente male, considerando il ministero in questione... Nel 2010 un collega del giornale radio Rai, che per lavoro aveva contatti da anni con molti uffici stampa ministeriali, mi disse che, molto probabilmente, il mio collega Giovanni e io eravamo gli addetti stampa più anziani di tutta la pubblica amministrazione centrale. Beh, se aveva ragione, credo che oggi quel 'forse' se lo siano portato via i 15 anni passati da allora. Ricordassi il nome del collega giornalista, lo chiamerei per curiosità... Il mio collega Giovanni, entrato due mesi prima di me, da qualche anno non è più all'ufficio stampa. Sicché potrei essere rimasto il più anziano (in termini di servizio, ovviamente) addetto stampa di tutta la Pubblica Amministrazione centrale. Il che mi lascia un po' come Pantani quando decideva di alzarsi sui pedali e... ci vediamo al traguardo! Peccato che non ci sia più il mio adorato...

Dopo-Eluana: e ora?

Non so se ricordate la battuta con la quale si conclude uno dei film più geniali degli ultimi anni, The Truman Show (1998). All’epilogo della drammatica storia, che si chiude – seppur tra le lacrime – con il lieto fine per il protagonista, uno dei tanti telespettatori che, incollato allo schermo, ne aveva seguito spasmodicamente la vicenda per anni, prende in mano la sua guida tv e, soavemente, dice qualcosa del tipo: “Cosa danno adesso?”.

Analogamente, ora che la vicenda della povera Eluana si è improvvisamente conclusa, vedo lì il nostro prode Cavaliere che si arrovella nei suoi pensieri: cosa inventerà per continuare a tirare avanti, distogliendo il paese dai suoi tanti problemi reali (suoi, del paese) e dalle tante sue leggi ad personam (sue, di lui)?

A leggere gli eventi degli ultimi tempi, il nostro si ritrova a dover fare i conti con un giocattolo che gli si è improvvisamente spezzato fra le mani. Un paese paralizzato e avvolto da un paio di mesi in un dibattito pubblico, politico e sociale forzosamente concentrato sulla vicenda personale di un padre e una figlia, cristallizzato dalle immagini e dalle parole di media scodinzolanti di ogni genere e tipo, bloccato perfino nelle stanze del Palazzo (da quelle del governo a quelle del parlamento) a discutere di cose che avrebbero dovuto essere lasciate alla sfera privata delle singole persone, al loro diritto all'autodeterminazione, alla loro storia personale.

Si badi bene. Si sta parlando dello stesso governo e dello stesso parlamento che sono fortemente impegnati da tempo a riscrivere (c'è chi dice a decapitare!) le norme sulle intercettazioni investigative in nome di una privacy da tutelare a tutti i costi (a sentire lorsignori...!). Quella stessa privacy che, nel caso della famiglia Englaro, poteva invece essere sbattuta sulla pubblica piazza, senza alcuna remora né riguardo per il fiume di parole, commenti e invettive che si sarebbero e si sono effettivamente riversate addosso ai diretti interessati. Invettive che, dopo le scritte anti-Beppino (il padre di Eluana) apparse in questi giorni su più di un muro, con i tempi che corrono e i pazzi che circolano, non appaiono per niente rassicuranti.

Mettendoci un pizzico di malizia in più, potremmo dire che con la chiusura improvvisa e inaspettata del caso Englaro (almeno nella tempistica), il prode Cavaliere e i suoi accoliti dovranno trovare alla svelta una nuova vicenda sulla quale puntare i riflettori della enorme macchina da guerra mediatica ai loro ordini. Qualcosa che sollevi altrettanto polverone, che scateni quel dibattito sociale forte, condito delle giuste dosi di drammaticità, religiosità e falsa ipocrisia, che la triste vicenda di Eluana così bene ha saputo miscelare al suo interno. E c’è chi è pronto a giurare che il depistaggio del decreto-legge fosse necessario per sviare l’attenzione da un disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri poche ore prima…

Questo è un paese che ogni tanto ha bisogno del suo “caso Eluana”. Per tutto il resto c’è il Grande Fratello.

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