Della vicenda di Eluana Englaro si sa ormai tutto. Tante parole, in un verso e nell'altro, sono state ormai spese, tanti fatti, tante opinioni. Quello che mi sarei davvero risparmiato è che, sul triste epilogo della storia di questa ragazza, si arrivasse a fare pura e semplice speculazione dai nostri politici da strapazzo. Da una parte e dall'altra. Poi, negli ultimi mesi è arrivata anche quella.
Ieri abbiamo toccato veramente il fondo, quando il nostro capo del governo (forse sotto le immane pressioni del Vaticano, forse convinto dall'ennesimo sondaggio) è voluto arrivare allo
scontro istituzionale con il Quirinale, decidendo prima di mostrare i muscoli con un
decreto-legge sul quale Napolitano aveva già preventivamente e pubblicamente espresso i propri dubbi di costituzionalità; e poi obbligando il Consiglio dei ministri ad approvare un
disegno di legge da spedire alle Camere con la richiesta (meglio sarebbe dire, l'ordine) di approvarlo di pochi giorni. E il tutto per cosa? Per impedire che venisse posta in essere una manifestazione della volontà della persona (così come la nostra carta costituzionale garantisce a tutti i cittadini), sulla quale inoltre pesa una
decisione, a titolo definitivo, della suprema corte di cassazione, il più alto organo giudiziario della Repubblica.
Fino a qualche tempo fa, a causa di certi suoi interventi legislativi, al nostro premier veniva rimproverato dall'opposizione e da una larga parte degli italiani di fare leggi ad personam: questa volta, invece, ci troviamo di fronte ad una palese legge contra personam. Anzi, contro la dignità di una persona (anche se ridotta a un vegetale), contro la dignità di un padre (disperato protagonista della vicenda mediatica) e contro la dignità di un pronunciamento ufficiale/legittimo/pieno emesso dalla magistratura ordinaria.
Fino a qualche tempo fa, quando uno non ce la faceva più, si usava dire "Basta, me ne vado a vivere all'estero!". Ora questo moto dell'animo andrà aggiornato ai tempi berlusconiani e saremo costretti a sbottare "Basta, me ne vado a morire all'estero!". Che pena... Che schifo...
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