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88 Arenula e tutto cominciava...

E SONO 37! Trentasette anni di ufficio stampa nello stesso ministero. Un lasso di tempo niente male, considerando il ministero in questione... Nel 2010 un collega del giornale radio Rai, che per lavoro aveva contatti da anni con molti uffici stampa ministeriali, mi disse che, molto probabilmente, il mio collega Giovanni e io eravamo gli addetti stampa più anziani di tutta la pubblica amministrazione centrale. Beh, se aveva ragione, credo che oggi quel 'forse' se lo siano portato via i 15 anni passati da allora. Ricordassi il nome del collega giornalista, lo chiamerei per curiosità... Il mio collega Giovanni, entrato due mesi prima di me, da qualche anno non è più all'ufficio stampa. Sicché potrei essere rimasto il più anziano (in termini di servizio, ovviamente) addetto stampa di tutta la Pubblica Amministrazione centrale. Il che mi lascia un po' come Pantani quando decideva di alzarsi sui pedali e... ci vediamo al traguardo! Peccato che non ci sia più il mio adorato...

Vuoto spinto

"Volevamo sentire il rumore che fa un treno quando schiaccia l'acciaio (...) Siamo entrati in galleria e abbiamo messo dei sassi sui binari aspettando che passasse un primo treno, poi abbiamo visto la grata e l'abbiamo messa sulle rotaie (...) Ho girato una telecamera della stazione, anche se sapevo che mi avrebbe inquadrato e poi siamo saliti. Non abbiamo sentito niente, il treno si è fermato e poi l'altoparlante ha detto di scendere perchè era uscito dai binari. Sapevo che ci avrebbero trovati, ma non credevo che ci avrebbero messo così poco. Per il risarcimento sono pronto a lavorare il pomeriggio, il sabato o la domenica''. Sono alcune delle dichiarazioni rilasciate da uno dei due quindicenni denunciati per il deragliamento di un treno avvenuto domenica scorsa a Como. Uno dei tanti, tantissimi episodi riportati ormai ogni giorno dai media e che ricadono sotto la definizione "bullismo". Definizione troppo riduttiva per un fenomeno le cui conseguenze, spesso, hanno risvolti gravissimi e, talvolta, purtroppo, letali. E che dovrebbe preoccupare anche per il corollario di arroganza e di mancata percezione di legalità che si accompagnano comunque al compimento di questi atti.

Mi chiedo: si tratta di episodi che, per emulazione, ne generano altri, dando vita a un circolo vizioso che si alimenta in modo direttamente proporzionale allo spazio che trova sui media; oppure è la nostra società, siamo proprio noi che stiamo drammaticamente cambiando in peggio?

E' ovvio, la domanda non è nuova, è anche retorica e non pretende alcuna risposta. Tuttavia ci sono alcuni indizi che mi fanno temere che la risposta possa chiamare in causa una terza tesi: quella, cioè, che ci possa essere un preciso interesse a far sì che la nostra società muti in una data direzione. Una mutazione che avviene attraverso il sottile inoculamento di comportamenti, stili di vita e valori che tendono a standardizzare aspirazioni e atteggiamenti delle masse più giovani e a farli percepire come "normali", semplicemente l'effetto dei tempi che cambiano.

Il riferimento ai messaggi canalizzati dalla televisione negli ultimi venti anni è emblematico di situazioni entrate talmente a far parte della nostra quotidianità da essere state trasferite non solo nel lessico comune, ma anche nei dizionari della lingua italiana. Ma non si tratta solo di tv: è l'esaltazione dell'oggetto di culto tecnologico o del capo di abbigliamento che inganna il giovane spingendolo a volersi distinguere indossando necessariamente un certo capo o dotandosi necessariamente di un certo oggetto. Inganno che il giovane rende perfetto proprio con il suo acquisto, uniformandosi con ciò alla massa di persone tutte con lo stesso capo e lo stesso oggetto.

Ieri sera, per caso, l'ultimo esempio. Me lo ha fornito un videogioco che ho installato sul pc (ahimè, sono un appassionato!). Ero abituato a pensare ai videogames come a una trasposizione della lotta fra uno o più buoni contro uno o più cattivi, al massimo come la scusa per trovare in forma virtuale quella trasgressione e quegli eccessi che, in linea di massima, non ci appartengono nella vita reale. Invece mi sono trovato di fronte ad un gioco che proponeva come unico obiettivo da raggiungere - l'ho capito tardi proprio perchè non riuscivo ad accettarlo come scopo - quello di fare più soldi possibili per poter comprare nuove auto, case sempre più di lusso e abiti griffati.

Ho l'impressione che siamo guidati, quasi per mano, verso un Paese dei balocchi fatto di niente. Il problema è: come fare qualcosa per i nostri figli?

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