Sui tg di ieri, nel corso di tutta la giornata, ampio spazio ha avuto la maxi operazione anticamorra imbastita da magistratura e forze dell’ordine nel casertano. Ricostruiti gli affari dei boss fino al 2004, oltre cento milioni di euro di patrimonio sequestrati e 107 arresti di esponenti legati al clan dei casalesi, fra i quali anche gli assassini dei sette extracomunitari di Castel Volturno, strage avvenuta pochi giorni fa e che ha causato la dura reazione dello Stato, con l’invio di reparti specializzati di forze dell’ordine e uomini dell’esercito per il controllo del territorio.
Il ministro dell’Interno Maroni, in conferenza stampa, ha parlato di
“una giornata da incorniciare” per lo Stato, elogiando il lavoro di magistrati, polizia e carabinieri nella lotta al crimine organizzato in Campania. Per tutto il giorno si sono susseguiti, ieri e oggi, messaggi di soddisfazione di esponenti politici e immagino che i tanti cittadini onesti e oppressi dalla camorra che vivono sul territorio abbiano sospirato per un giorno di vero sollievo alla notizia.
Tuttavia non possiamo fare a meno di chiederci come mai soltanto adesso si sia potuta realizzare un’operazione del genere. Voglio dire, non è che metti in piedi una maxi-retata del genere in pochi giorni, da quando cioè lo Stato ha dato cenno di sé inviando uomini e mezzi in un territorio da sempre feudo della camorra e sul quale i boss hanno preso il posto delle istituzioni. Un’operazione siffatta necessita di mesi e mesi di indagini, appostamenti, intercettazioni, pedinamenti, agenti infiltrati, di tutto quel campionario di attività investigative alle quali magistratura e forze dell’ordine fanno ricorso quando si tratta di lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. C’è bisogno, a monte, di predisporre documenti e ordini di cattura; di preallarmare le carceri della zona perché facciano spazio ai nuovi arrivati che, di certo, non possono stare fra i delinquenti comuni; di reclutare un ingente quantitativo di uomini adeguatamente armati e di mezzi per il loro trasporto nei diversi posti. E c’è bisogno di chissà quante altre cose sul versante organizzativo che noi non esperti non immaginiamo neppure.
Insomma, un’operazione del genere non si improvvisa. E allora viene da chiedersi – assolutamente in perfetta buona fede, per rispetto al lavoro e ai pericoli che ogni giorno corrono magistrati e forze dell’ordine – come mai tutto sia accaduto solo all’indomani della reazione dello Stato. Voglio dire: se i magistrati avevano già ben chiaro, così come è inevitabile pensare, tutto il quadro investigativo, cosa aspettavano a chiedere a questori, prefetti e ministri l’assegnazione di uomini e mezzi adeguati per portare a compimento l’operazione? L’hanno fatto o no in tutto questo tempo? E se tali richieste erano state avanzate – ripeto – una volta esaurita la fase investigativa e con il rischio che con il passar del tempo tutta l’operazione avrebbe rischiato di venir vanificata, perché chi di dovere non assegnava gli uomini e i mezzi per eseguirla? A volte basta una piccola distrazione o una perdita di tempo e un’indagine per inchiodare una banda di spacciatori di quartiere va in fumo; figuriamoci una maxi-retata del genere contro un’organizzazione vasta, ricca e consolidata come la ormai tristemente nota Gomorra del casertano.
Quindi, abbiamo i seguenti interrogativi:
- se tutto era pronto da tempo, ma non si chiedevano uomini e mezzi, cosa aspettavano i magistrati a muoversi?
- se, invece, tutto era pronto da tempo, ed era stata avanzata la richiesta di uomini e mezzi, perché ad essa non veniva dato seguito?
- e perché nessuno ha chiesto ragione di questa mancanza di risposte o disponibilità?
- e perché tutto si è potuto fare solo dopo l’invio di così tanti uomini e mezzi da parte di uno Stato che voleva dimostrare ai suoi cittadini, finalmente, di esserci anche in quelle zone?
Una risposta, vi prego... Abbiamo bisogno di una risposta per non pensare a una grande operazione di marketing, con tanto di fuochi d'artificio, per esportare sicurezza.
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