Arriva il Piano-casa: pesce d'aprile agli italiani!


Fresco fresco di agenzia, ecco l'accordo che il governo ha siglato stamattina con le regioni per attuare il Piano-casa:

PIANO CASA: IL TESTO DELL'ACCORDO GOVERNO-REGIONI
(AGI) - Roma, 1 apr. - Ecco il testo dell'accordo Governo-Regioni, approvato stamane dalla Conferenza unificata:

Visto l'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003 n. 131, che prevede una possibilità per il Governo di promuovere la stipula di intese in Conferenza Unificata dirette, tra l'altro, a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il conseguimento di obiettivi comuni;
Rilevata l'esigenza, da parte del Governo, delle Regioni e degli Enti Locali di individuare misure che contrastino la crisi economica in materie di legislazione
concorrente con le Regioni, quale quella relativa al governo del territorio;
Visto l'accordo delle Regioni e degli Enti Locali in ordine alle esigenze di fronteggiare la crisi mediante un riavvio dell'attività edilizia favorendo altresì lavori di modifica
del patrimonio edilizio esistente nonchè prevedendo forme di semplificazione dei relativi adempimenti secondo modalità utili ad esplicare effetti in tempi brevi nell'ambito della garanzia del governo del territorio;
Rilevata l'esigenza di predisporre misure legislative coordinate tra Stato e Regioni nell'ambito delle rispettive competenze;

Governo, Regioni ed Enti Locali convengono la seguente intesa:

Per favorire iniziative volte al rilancio dell'economia, rispondere anche ai bisogni abitativi delle famiglie e per introdurre incisive misure di semplificazione
procedurali dell'attività edilizia, lo Stato, le Regioni e le Autonomie Locali definiscono il seguente accordo.
Le Regioni si impegnano ad approvare entro e non oltre 90 giorni proprie leggi ispirate preferibilmente ai seguenti obiettivi:
a) regolamentare interventi - che possono realizzarsi attraverso piani/programmi definiti tra Regioni e Comuni - al fine di migliorare anche la qualità architettonica e/o
energetica degli edifici entro il limite del 20% della volumetria esistente di edifici
residenziali uni-bifamigliari o comunque di volumetria non superiore a 1000 metri cubi, per un incremento complessivo massimo di 200 metri cubi, fatte salve diverse determinazioni regionali che possono promuovere ulteriori forme di incentivazione volumetrica;
b) disciplinare interventi straordinari di demolizione e ricostruzione con ampliamento per edifici a destinazione residenziale entro il limite del 35% della volumetria esistente, con finalità di miglioramento della qualità architettonica, dell'efficienza energetica ed utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e secondo criteri di sostenibilità
ambientale, ferma restando l'autonomia legislativa regionale in riferimento ad altre tipologie di intervento;
c) introdurre forme semplificate e celeri per l'attuazione degli interventi edilizi di cui alla lettera a) e b) in coerenza con i principi della legislazione urbanistica ed
edilizia e della pianificazione comunale. Tali interventi edilizi non possono riferirsi ad
edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilità assoluta.
Le leggi regionali possono individuare gli ambiti nei quali gli interventi di cui alle lettera a) e b) sono esclusi o limitati, con particolare riferimento ai beni culturali e alle aree di pregio ambientale e paesaggistico, nonchè gli ambiti nei quali i medesimi interventi sono favoriti con opportune incentivazioni e premialità finalizzare alla
riqualificazione di aree urbane degradate. La disciplina introdotta dalle suddette leggi regionali avrà validità temporalmente definita, comunque non superiore a 18 mesi dalla loro entrata in vigore, salvo diverse determinazioni delle singole Regioni. In caso di mancata approvazione delle leggi regionali nel termine stabilito, il Governo e il presidente della Giunta regionale interessata, congiuntamente, determinano le
modalità procedurali idonee ad attuare compiutamente l'accordo, anche ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Entro dieci giorni dalla sottoscrizione del presente Accordo, il Governo emanerà un
decreto-legge i cui contenuti saranno concordati con le Regioni e il sistema delle autonomie con l'obiettivo precipuo di semplificare alcune procedure di competenza esclusiva dello Stato, al fine di rendere più rapida ed efficace l'azione amministrativa di disciplina dell'attività edilizia.
Il Governo e le Regioni ribadiscono la necessità assoluta del pieno rispetto della vigente disciplina in materia di rapporto di lavoro, anche per gli aspetti previdenziali e assistenziali e di sicurezza nei cantieri e la necessità di mettere a punto una procedura che garantisca trasparenza come, per esempio, quella utilizzata per lo sgravio Irpef del 36%.
Il Governo si impegna, inoltre, confermando integralmente gli impegni assunti con l'Accordo sottoscritto con le Regioni in merito al sostegno dell'edilizia residenziale
pubblica, ad avviare congiuntamente con le Regioni e le autonomie locali uno
studio di fattibilità per un nuovo piano casa che individui, in aggiunta alle risorse dell'Accordo sopra indicato, e compatibilmente con le condizioni di finanza pubblica, risorse pubbliche e private per soddisfare il fabbisogno abitativo delle famiglie o particolari categorie, che si trovano nella condizione di più alto disagio sociale e che hanno difficoltà ad accedere al libero mercato della locazione.
Viene fatta salva ogni prerogativa costituzionale delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome". (AGI)


Ho già espresso qualche post fa i primi dubbi sull'efficacia di tale piano nell'attuale periodo di crisi. Erano frutto del normale vivere quotidiano: chi può pensare di mettersi ad allargare casa quando non ci sono i soldi per arrivare alla fine del mese? Questo l'interrogativo di base che viene in mente a chi ha a che fare con la dura realtà di tutti i giorni.

Diversamente la pensa (ma questa non è più una novità, ormai!) il nostro Prode Cavaliere, il quale, gongolando per il Piano-casa appena varato, fa notare che "se il 10% dei proprietari di casa ne approfitterà, significherebbe 60-70 miliardi di euro che entrebbero nel circuito dell'economia".

Sessanta-settanta miliardi?!? Una stima recentissima calcolata da KRLS Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it – Associazione Contribuenti Italiani (elaborando dati ministeriali, dell'Istat, della Banca d’Italia e dello Sportello del Contribuente) e presentata a Roma il 14 marzo scorso, rivela:

"L'imponibile evaso in Italia nel 2008 è stato di circa 331 miliardi di euro l'anno. In termini di imposte sottratte all'erario siamo nell'ordine dei 125,8 MLD di euro.
Cinque sono le aree di evasione fiscale analizzate: l'economia sommersa, l'economia criminale, l'evasione delle società di capitali, l’evasione delle big company e quella dei lavoratori autonomi e piccole imprese.
La prima riguarda l'economia sommersa che sottrae al fisco italiano un imponibile di circa 125 MLD di euro l'anno. L'esercito di lavoratori in nero è composto da circa 2,2 milioni. Di questi 850.000 sono lavoratori dipendenti che fanno il secondo o il terzo lavoro. Si stima un’evasione d’imposta pari a 30 MLD di euro.
La seconda è l'economia criminale realizzata dalle grandi organizzazioni mafiose che, in almeno 3 regioni del Mezzogiorno, controllano buona parte del territorio. Si stima che il giro di affari non "contabilizzati" si attesta sui 120 miliardi di euro l'anno con un’imposta evasa di 40 MLD di euro.
La terza area è quella composta dalle società di capitali, escluso le grandi imprese. Secondo i dati ministeriali e dello Sportello del Contribuente, il 79% circa delle società di capitali italiane dichiara redditi negativi (52%) o meno di 10 mila euro (27%). In pratica su un totale di circa 800.000 società di capitali il 79% non versa le imposte dovute. Si stima un'evasione fiscale attorno ai 17 miliardi di euro l'anno.
La quarta area è quella composta delle big company. Una su tre chiude il bilancio in perdita e non paga le tasse. Inoltre il 94 % delle big company abusano del “transfer pricing” per spostare costi e ricavi tra le società del gruppo trasferendo fittiziamente la tassazione nei paesi dove di fatto non vi sono controlli fiscali sottraendo al fisco italiano 30 MLD di euro. Inoltre, negli ultimi cinque anni, le 100 maggiori compagnie del paese hanno ridotto del 7 per cento le imposte dovute all'erario grazie all'uso di conti offshore.
Infine c'è l'evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese dovuta alla mancata emissione di scontrini, di ricevute e di fatture fiscali che sottrae all'erario circa 8,8 miliardi di euro l'anno.
In testa nel 2008, tra le regioni, dove sono aumentati numericamente gli evasori fiscali, risulta la Campania, con +9,4%. Secondo e terzo posto spettano rispettivamente al Veneto con + 9,1% e alla Lombardia +8,9%. A seguire il Lazio con +7,5%, la Liguria con +6,8%, l'Emilia Romagna con +6,3%, la Toscana con +5,9%, il Piemonte con +5,7%, le Marche con +5,3%, la Puglia con +4,8%, l'Abruzzo con +4,6%, la Sicilia con +4,3% e il Trentino Alto Adige con +4,1%. La Lombardia, invece, in valore assoluto ha fatto registrare il maggior aumento dell'evasione fiscale. In
percentuale, il dato lombardo aumenta, rispetto al 2007, di circa il 9,6%.

La domanda nasce spontanea (direbbe Antonio Lubrano!): se davvero era alla ricerca di denaro da reimmettere nell'anemica economia italiana, davvero il governo non aveva altro da immaginare che il Piano-casa? E le regioni? Davvero non avevano di meglio e di più realistico da pensare per rimpinguare i loro bilanci e per restituire ai cittadini sotto forma di servizi nella sanità, nelle scuole, nella giustizia, nella sicurezza, nel lavoro e in tutte le altre aree di cui sono sempre lì a lamentarsi della mancanza di risorse economiche?

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