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Adattarsi, nel bene e nel male

È TIPICO DI NOI ESSERI UMANI: ADATTARSI . Adattarsi a tutto. Non c'è bisogno di scomodare il buon Darwin e la scienza dell'evoluzione. Fa parte della nostra natura: chiamiamolo istinto di sopravvivenza o in altri modi, il concetto è sempre quello. Ad esempio, dopo che ci siamo abituati a un determinato spazio, noi siamo spinti a dividerlo, riusciamo a dividerlo ancora e poi a dividerlo sempre di più. Riuscendo alla fine a trovare un nostro modo di stare, una nostra dimensione in uno spazio sempre più ridotto. Ci adattiamo a vivere anche in monolocali da pochi metri quadrati... La stessa cosa vale per i soldi o le risorse in genere: una volta abituati a una determinata condizione, impariamo a rimodulare la nostra vita con quello che abbiamo. E lo stesso accade quando le risorse disponibili diminuiscono, se sono sempre di meno.  Non sempre tale spirito di adattamento segue percorsi virtuosi. Ci adattiamo spesso anche a situazioni di comodo. Di comodo per noi, ovviamente. Così cap...

Statali fannulloni: prima il dileggio, poi il saccheggio

Ho avuto già modo di esprimere il mio pensiero sul mondo del pubblico impiego, entità indistinta di cui fanno parte migliaia e migliaia di persone il cui valore, anzi... il cui disvalore viene troppo genericamente confuso con la sommatoria di tanti svogliati parassiti e fannulloni. E solo di quelli.

A mio parere quello degli statali è il mondo dove si riflettono, ingranditi esponenzialmente, i difetti dell'italiano medio: il menefreghismo, la mancanza di rispetto per gli altri, l'incapacità di capire il concetto di servizio e di responsabilità e via dicendo. E' altresì il mondo che non fa mai mancare la propria contribuzione alle entrate fiscali dello Stato: ogni mese, al cento per cento, con trattenuta diretta sullo stipendio. Il mondo dei luoghi comuni, utilizzati ad ogni piè sospinto dai nostri politici, per lo più in senso negativo, per farsi belli dinanzi alla propria fazione come fustigatori dei costumi e strenui difensori degli sprechi pubblici; ma anche quello degli incentivi e delle promesse di regalie e ritocchi in busta paga, quando si avvicina il momento della campagna elettorale. Dimenticano, questi signori, di essere loro stessi dei pubblici dipendenti, certamente diversi dai loro 'colleghi' per privilegi e retribuzione, ma pur sempre al servizio della cosa pubblica e dei cittadini.

Ieri Berlusconi, parlando al termine del consiglio dei ministri in una conferenza stampa diversa dalle altre - solo, senza il supporto di alcun ministro o sottosegretario, il volto distrutto, il parlare poco fluente, quasi difficile - segnata dal caos che accompagna la maggioranza, dai rapporti ormai logori fra Pdl e Lega, dalle lotte correntizie interne ai due partiti per la leadeship del dopo Berlusconi-Bossi, ieri Berlusconi - dicevo - ha tirato l'ennesima borbata alla pubblica amministrazione, definita "pletorica ed inefficiente, che comporta addirittura problemi di oppressione burocratica".

Ora, io sono da ventitre anni nella pubblica amministrazione ed ho imparato a fare le debite distinzioni, a ignorare i luoghi comuni e soprattutto le generalizzazioni gratuite. E mi arrabbio. Non perchè il politico di turno (in questo caso il premier) abbia dato l'ennesima dimostrazione di superficialità con una battuta del genere (il discorso, tanto per cambiare, è finito sulle sue vicende personali: ha raccontato che sono tre anni che aspetta un'autorizzazione da regione e comune per far costruire una fontana nella sua tenuta in Sardegna. Se l'aspetta lui da tre anni, figuriamoci il cittadino qualsiasi...!). Mi arrabbio perchè questo genere di dichiarazioni, sprezzanti e umilianti, stridono (e stridono parecchio!) con la realtà delle cose che vedo spesso accadere davanti ai miei occhi, là dove secondo loro ristagna e regna soltanto nullafacenza.

Mi arrabbio perchè quando questi signori della politica o questi grandi commis di Stato sono contretti a lasciare stanze e poltrone ai loro successori non mancano mai o quasi mai di portare con sè alcuni dei pubblici dipendenti che hanno così proficuamente lavorato per loro, promettendo retribuzioni ben più remunerate per continuare a fare quello che fino a quel momento essi avevano fatto per loro, con dedizione, spirito di sacrificio e senza riconoscimenti aggiuntivi di altra natura. E sto parlando di persone dei ruoli più disparati: dagli autisti agli addetti alla sicurezza, dal personale di segreteria agli addetti stampa, dai responsabili degli uffici economato ai jolly 'risolvoproblemi factotum'.

Mi arrabbio perchè mi capita non raramente di vedere all'opera mega-aziende che offrono onerosi servizi a pagamento allo Stato in occasione di grandi eventi e di sentire i responsabili di queste aziende rivolgere i complimenti al politico o al grand commis di turno per il lavoro così ben svolto da parte del personale pubblico di questo o quell'ufficio che ha affiancato i suoi uomini nel corso dell'evento. Complimenti ai quali, in alcuni casi, è addirittura seguita una vera e propria proposta di lavoro avanzata per qualcuno di quegli impiegati.

Mi arrabbio perchè spesso (spessissimo!) vedo materializzarsi prodotti e lavori di altissimo livello, svolti con competenza, serietà e creatività, che a volerli mettere sul mercato monetizzerebbero costi ed impegni di spesa ben diversi: basta farsi un giro per avere un'idea di prezzi e preventivi per attività di servizi. E che invece nello Stato vengono realizzati a costo zero e con il surplus di tanta dedizione e passione personale da parte di semplici impiegati dello Stato.

Certo, mi rendo conto che non per tutto l'esercito di statali possono valere queste mie considerazioni e queste mie esperienze personali. Ma vi giuro che molto spesso capita proprio questo. E molto spesso ad attingere a piene mani e a scegliere fior da fiore elementi validi da portare con loro sono per lo più quelle stesse persone che nel piatto del pubblico impiego mangiano e sputano!

Commenti

  1. E' comodo colpire alla cieca...
    Sono schifata da questo qualunquismo imperante. Sono schifata un po' da tutto a dire il vero.

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  2. Per Nicole:
    Cara amica mia, io sono schifato da ben ventitre anni: dai fannulloni veri, che incontro purtroppo ogni giorno, e dai moralisti, veri o falsi che siano, che su quei fannulloni prima sputano e poi si servono.

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  3. Ad un tratto scrivi:
    "Mi arrabbio perchè spesso (spessissimo!) vedo materializzarsi prodotti e lavori di altissimo livello, svolti con competenza, serietà e creatività, che a volerli mettere sul mercato monetizzerebbero costi ed impegni di spesa ben diversi: basta farsi un giro per avere un'idea di prezzi e preventivi per attività di servizi."
    Ma chi gli vieta a questi statali di mettersi in proprio, ovvero licenziarsi e aprirsi una partita iva o una società? Oppure di offrire queste qualità ad un privato? Perchè se sono così bravi restano a lavorare per lo stato a poco, quando potrebbero farne di più nel privato?

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  4. Per Anonimo:
    Niente e nessuno. Probabilmente solo il coraggio e la forma mentis di dover pensare in proprio, di sapersi vendere.
    E, ad alcuni di loro, come ho scritto, capita anche di fare il grande salto...

    Grazie per la lettura e per il commento.

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