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Adattarsi, nel bene e nel male

È TIPICO DI NOI ESSERI UMANI: ADATTARSI . Adattarsi a tutto. Non c'è bisogno di scomodare il buon Darwin e la scienza dell'evoluzione. Fa parte della nostra natura: chiamiamolo istinto di sopravvivenza o in altri modi, il concetto è sempre quello. Ad esempio, dopo che ci siamo abituati a un determinato spazio, noi siamo spinti a dividerlo, riusciamo a dividerlo ancora e poi a dividerlo sempre di più. Riuscendo alla fine a trovare un nostro modo di stare, una nostra dimensione in uno spazio sempre più ridotto. Ci adattiamo a vivere anche in monolocali da pochi metri quadrati... La stessa cosa vale per i soldi o le risorse in genere: una volta abituati a una determinata condizione, impariamo a rimodulare la nostra vita con quello che abbiamo. E lo stesso accade quando le risorse disponibili diminuiscono, se sono sempre di meno.  Non sempre tale spirito di adattamento segue percorsi virtuosi. Ci adattiamo spesso anche a situazioni di comodo. Di comodo per noi, ovviamente. Così cap...

Vivere: riflessioni con parole altrui

"Tutta quella città... non si riusciva a vederne la fine... la fine! Per cortesia, si potrebbe vedere la fine? Era tutto molto bello su quella scaletta, e io ero grande, con quel bel cappotto, facevo il mio figurone. E non avevo dubbi, che sarei sceso, non c'era problema... Non è quello che vidi che mi fermò Max, è quello che non vidi... puoi capirlo? Quello che non vidi... in tutta quella sterminata città c'era tutto tranne la fine... C'era tutto. Ma non c'era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello: la fine del mondo. Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano? I tasti finiscono! Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti loro. Tu sei infinito. E dentro quegli 88 tasti, la musica che puoi fare è infinita. Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti... Milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai... E questa è la verità... che non finiscono mai. Quella tastiera è infinita. Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato. Quello è il pianoforte su cui suona Dio... Cristo, ma le vedevi le strade?! Anche soltanto le strade, ce n'erano a migliaia! Ma dimmelo: come fate voialtri laggiù a sceglierne una? A scegliere una donna... una casa... una terra che sia la vostra... un paesaggio da guardare... un modo di morire... Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n'è! Ma non avete paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla a quella enormità? Solo a pensarla... a viverla! Io ci sono nato su questa nave... e vedi anche qui il mondo passava... ma a non più di 2000 persone per volta. E di desideri ce n'erano! Ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita... Io ho imparato a vivere in questo modo. La terra, è una nave troppo grande per me... È... è una donna troppo bella... È un viaggio troppo lungo... È un profumo troppo forte... È una musica che non so suonare... Non scenderò dalla nave. Al massimo, posso scendere dalla mia vita."
Novecento (Tim Roth), dal film La leggenda del pianista sull'oceano.

Il manifesto di una nobiltà d'animo troppo raffinata per poter essere compresa e condivisa oppure l'ammainamento definitivo della propria bandiera di fronte alla grandiosità della vita? Quanti, vedendo il capolavoro di Tornatore tratto dall'incredibile monologo di Baricco, non hanno provato uno di questi stati d'animo contrapposti e si sono schierati con foga da una parte o dall'altra?

Sto parlando della vita, del modo di interderla: siamo vincitori o perdenti se viviamo nell'accettazione dei nostri limiti? Siamo vincitori o perdenti se ci forziamo a voler vivere una vita che non è la nostra? Meglio una trasparenza totale a costo di rivelare le nostre lacune o una patina di superiorità che le nasconda all'occhio altrui?

Nel suo romanzo capolavoro, Il Santo, Antonio Fogazzaro ci confida che c'è un sottile piacere nel soffrire ingiustizie. Quanta grandezza può esserci, a volte, negli umili e negli sconfitti: possiamo coglierla e scoprire così il gigante che a volte vi si cela dietro; oppure giudicarla e bearci del piedistallo da dove si sta guardando il mondo.

Grazie a Baricco e a Fogazzaro per aver allargato la mia visione della vita!

Commenti

  1. baricco, fogazzaro e... marcus!
    grande!!!

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  2. mi piace il modello del tuo blog, questo verde... si legge senza fatica. Che impostazione hai usato?

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  3. Grazie, ma non ho fatto niente di più che scegliere uno dei modelli disponibili. Vai su Personalizza, poi Layout e infine Scegli un modello. Scegli e salvi e il gioco è fatto.

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  4. lo so, ho fatto sempre cosi i vari modelli, infatti hai visto che ho messo quello che ho ora? Solo che con il verde cosi chiaro non l'ho trovato... E' simile a quello che ho messo per "ilblogdeglistudenti" ma cosi come il tuo mi piace di più.

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  5. Io non devo mai vedere la fine delle cose. Pur vivendo come il protagonista. Stupenda la riflessione. Stupendamente profondo tu.

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    1. Grazie Dark, che bello rileggerti e riscriverti qui a distanza di 8 anni... Credimi, mi manca tanto questa creatura e alcune belle persone che qui venivano a trovarmi. VOGLIO, DEVO ricominciare!

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  6. non mi fa rispondere sotto il tuo commento...ti rispondo qui...
    quei tempi, non credo che torneranno..tutti stanno su fb e nessuno si sofferma più a leggere e ad andare oltre... inoltre, blogspot, pare che sia morto...peccato, quei tempi sono stati davvero emozionanti, divertenti, sviscerali...

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    1. Vero. Nessuno scrive più, nessuno legge più, per lo più si condividono immagini, video o post altrui, si mette mi piace... Beh, ho intenzione di riprovarci... nonostante Blogspot ��

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