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Adattarsi, nel bene e nel male

È TIPICO DI NOI ESSERI UMANI: ADATTARSI . Adattarsi a tutto. Non c'è bisogno di scomodare il buon Darwin e la scienza dell'evoluzione. Fa parte della nostra natura: chiamiamolo istinto di sopravvivenza o in altri modi, il concetto è sempre quello. Ad esempio, dopo che ci siamo abituati a un determinato spazio, noi siamo spinti a dividerlo, riusciamo a dividerlo ancora e poi a dividerlo sempre di più. Riuscendo alla fine a trovare un nostro modo di stare, una nostra dimensione in uno spazio sempre più ridotto. Ci adattiamo a vivere anche in monolocali da pochi metri quadrati... La stessa cosa vale per i soldi o le risorse in genere: una volta abituati a una determinata condizione, impariamo a rimodulare la nostra vita con quello che abbiamo. E lo stesso accade quando le risorse disponibili diminuiscono, se sono sempre di meno.  Non sempre tale spirito di adattamento segue percorsi virtuosi. Ci adattiamo spesso anche a situazioni di comodo. Di comodo per noi, ovviamente. Così cap...

Pubblici dipendenti e pubbliche balle

La campagna anti-fannulloni del ministro Brunetta procede senza soste. Forse con una continuità e una coerenza che non hanno eguali nella maggior parte dei ministri di questo governo. Premetto subito una cosa: ne condivido principi e finalità, se non altro per la sferzata provocatoria che Brunetta ha finalmente dato al settore del pubblico impiego, troppo spesso e per troppo tempo abbandonato a se stesso, ipocritamente corteggiato e foraggiato in occasione delle scadenze elettorali, tranquillamente dileggiato quando fa comodo. Ovviamente sono contrario a fare di ogni erba un fascio, a pensare che tutti i privilegi si annidino nel pubblico e che solo il settore privato sia pieno di lavoratori degni di questo nome. Così come sono profondamente avverso – e fra poco spiegherò perché – a prendere in giro l’opinione con proclami e iniziative che sono solo di facciata. Tuttavia, vivo nel pubblico impiego da oltre vent’anni e conosco il volto di tanti fannulloni, vere e proprie realtà parassitarie con le quali – purtroppo – dover convivere e fare i conti ogni giorno, sia che tu svolga il ruolo di utente che quello di collega.

E però… Ieri il governo ha varato la manovra Finanziaria. Al suo interno sono stati stanziati 200 milioni di euro da destinare, sotto forma di premi e incentivi, ai dipendenti pubblici più meritevoli. La notizia ha fatto subito il giro delle agenzie di stampa, ha avuto il suo spazio (anche grafico!) nei servizi dei tg e oggi è riportata ampiamente sui quotidiani. Ma in realtà, dove sarebbe la buona notizia? Proviamo a immaginare un pubblico dipendente: ovviamente il requisito per essere considerato meritevole non può essere quello di fare bene e ogni giorno il proprio lavoro. E’ pagato per quello, riceve il suo stipendio a fine mese per fare il proprio dovere e, anzi, nel caso questo si protragga oltre l’orario ordinario, è gratificato (almeno in teoria) di un compenso cosiddetto straordinario, appunto. Quindi non può consistere in questo. E allora in cosa? Anche quando il dipendente è chiamato a svolgere mansioni superiori (e posso assicurare che negli uffici pubblici è pratica quanto mai usuale) la legge – in teoria, solo in teoria! – prevede che a questi sia riconosciuto un aumento della retribuzione per il periodo in cui è chiamato a ricoprirle. Ma chi ha mai visto il proprio capoufficio mettere nero su bianco una cosa del genere? I fascicoli personali dei pubblici dipendenti sono pieni di lettere di stima e parole di elogio per l’attività svolta, ma credo che attestati di questo tipo nell’intera pubblica amministrazione possano davvero contarsi sulla punta delle dita. Se ve ne sono… E quindi, nulla anche in questo caso.

Allora, magari, nella parte progettuale... In effetti, in questo campo, quanto spirito di iniziativa ho visto da parte di semplici impiegati, quinti e sesti livelli. Addirittura autisti! Ho conosciuto diversi travet che per giorni e giorni, innamorati del lavoro e ansiosi di poter contribuire ad un miglioramento, si sono messi anima e corpo su un’idea, magari semplice ma innovativa, prima di suggerirla al capoufficio di turno, sotto forma di parole o di un vero e proprio progetto. Ne ho sentite tante di risposte: si va dal semplice “non sei qui per progettare, ma per fare il tuo lavoro”, al più elegante “sì, può essere una buona idea, ma perché dobbiamo complicarci la vita? E poi quanto costa? Lo sai che non c’è una lira”, al più tranciante “ora non ho tempo, domani sono fuori e la prossima settimana ho quella riunione importante. Vediamo come siamo messi dopo, eh?”. Insomma, tutto un campionario di risposte standard dal comune denominatore. Per non parlare poi di quell’unico, raro caso in cui il progetto fa breccia nel dirigente e questi lo fa suo di fronte al direttore generale/capo dipartimento di turno: a chi credete che andranno i riconoscimenti per “l’ottima iniziativa in grado di apportare professionalità e razionalità alle tante e onerose attività dell’ufficio”?

Daltronde anche quando arrestano un importante latitante, il capo dello Stato usa complimentarsi con il ministro e questi, a sua volta, con il capo della procura e il prefetto di turno, che poi girano ai loro uomini le congratulazioni superiori. Così accade con i premi e i riconoscimenti: sono i grossi nomi a fare incetta di statuette e lauree ad onorem, nell'imprenditoria, nel giornalismo, nella cultura, nella moda. Per lo più a causa di una partita di giro (sono sempre gli stessi amici degli amici) e nulla importa se hanno affondato società, mandato sul lastrico tanta gente, se qualcuno scrive articoli o libri per loro, se si limitano ad accostare al loro nome il lavoro (sconosciuto) altrui.

Il gregario non ha (quasi) mai riconoscimenti. Non accade mai, in nessun campo. Perchè, caro ministro Brunetta, vuol dare a intendere che ora ciò accadrà con i semplici dipendenti della pubblica amministrazione?

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