Ieri sera ho visto un film. Pensavo inizialmente di aver noleggiato un dvd come tanti altri, ma via via che il tempo passava mi sono ritrovato di fronte a una vera e propria esperienza. Bellissimo e intenso, girato in maniera sublime. Crudo e raffinato al tempo stesso, ogni scena a raccontare magistralmente un pezzetto della storia e a suggerire inconsciamente e con delicatezza lo stato d’animo giusto con cui seguirne il filo.
Il film è una riflessione sul dolore, anzi sul modo in cui l’uomo si pone di fronte al dolore. Disperazione, senso di vuoto, solitudine, voglia di sbagliare e di perdersi. Sono tanti gli stati d’animo che ci assalgono dopo che il dolore ha fatto improvvisamente la sua comparsa in una vita normale, lasciando intorno soltanto un desolato orizzonte riarso. E che differenza fa vedere questo nero protagonista delle vicende umane irrompere sulla nostra vita come un tir impazzito, travolgendo con sé tutto, persone, cose, storie, senza distinzioni né alcun rispetto.
Ma c’è un potere alla radice dell’uomo che tutto sa affrontare, più forte del dolore, antagonista ad esso. E’ la forza della vita. La lotta della vita per emergere, sempre e comunque. Il principio che rimette in moto il motore umano, anche quando esso ci appare irrimediabilmente rotto, andato, perduto per sempre. Spesso non ce ne accorgiamo oppure diamo per scontato che qualcosa succederà, che un aiuto pioverà dal cielo per aiutarci, che il destino ci arriderà alla fine, che un fondo ci sarà dove puntarsi per risalire. E’ la storia dell’umanità ad insegnarcelo. Siamo soliti chiamare tutto ciò con i nomi più diversi: fato, dei, provvidenza, alieni o semplicemente… arrivano i nostri. Ma nella maggior parte dei casi siamo consapevoli, intimamente, che prima o poi qualcosa scatenerà la sua potenza e ci aiuterà a venirne fuori.
Ebbene, questo qualcosa altro non è che quella forza propria della vita di lottare per se stessa, dovunque e comunque: dal brodo primordiale ai diversi stadi del processo evolutivo. L’unica, finchè c’è un alito di vita, che ci viene incontro meccanicamente quando siamo soli di fronte all’abisso del dolore, della disperazione, della paura. E Susanne Bier, brillante regista danese, è riuscita a raccontare proprio questo nel suo
Things we lost in fire (che, come da tradizione, qualche insano ha voluto stravolgere per il mercato italiano con l’insulso
Noi due sconosciuti).
Alla fine rimani muto, colpito, assorto. Poi il significato del film comincia ad arrivare, prima poco alla volta, poi tutto insieme. E ti travolge e ti coccola. Ti dà forza, una grande forza. Questo è quel che ho vissuto ieri sera. E io che credevo di vedere soltanto un film.
Mi hai fatto venir voglia di vederlo questo film! Proprio ieri sera pensavo che quando vedi un bel film e le emozioni ti rimangono dentro, per qualche giorno provi una specie di nostalgia e quasi vorresti rivederlo, anche se sai che non sarebbe la stessa cosa. Nel mio caso il film in questione era "Tutta la vita davanti", di Paolo Virzì. La critica non ne ha parlato molto bene, ma a me è piaciuto tanto. E anche se a tratti Virzì usa toni grotteschi, da "toscanaccio" un po' alla Monicelli, è bravissimo a descrivere situazioni e persone che tutti noi viviamo ogni giorno.
RispondiEliminaBuona giornata,
Letizia