Le cronache mediatiche, da oggi al giorno delle elezioni, ci racconteranno delle contrapposizioni, dei fastidi e delle polemiche incrociate che riguardano due magistrati che hanno deciso di candidarsi. Non due qualsiasi, due punte di diamante della lotta antimafia: Pietro Grasso e Antonio Ingroia. Hanno già iniziato, in realtà: "scendono in campo i vecchi veleni della procura di Palermo" (
Corriere della Sera); "attacco al Pd e al Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso" (
La Repubblica); addirittura
Il Giornale, nella sua spregiudicata difesa degli interessi di Casa Arcore, parlando
del secondo va oltre: "è di sinistra, ma contro il Pd e soprattutto contro quel Pietro Grasso che rischia di rubare la scena a Ingroia nel suo stesso campo".
Non so quale esito avrà la loro candidatura: Grasso viene indicato come probabile ministro della giustizia in caso di vittoria del Pd, Ingroia si propone fin da subito come concorrente per la poltrona più alta, quella di Palazzo Chigi. So che entrambi hanno alle spalle una coerente storia da magistrati siciliani: palermitani, orgogliosi, entrambi a capo di procure che hanno saputo contrapporsi con ottimi risultati alla strategia del terrore e della forza messa in campo da Cosa Nostra, tutti e due consapevoli di giocarsi la vita ogni giorno per quegli alti ideali come il senso di giustizia e il rispetto delle regole che dovrebbero contraddistinguere le civiltà mature.
Di Pietro Grasso posso dire qualcosa, avendolo conosciuto personalmente per motivi di lavoro ed avendo avuto modo di rinnovargli più e più volte, negli ultimi venti anni, la mia stima, umana e professionale. E' persona seria, equilibrata, che mi ha sempre ispirato fiducia. Anche quando, a corto di sigarette nel tentativo di smettere di fumare, entrava nella stanza dove lavoravo con i miei colleghi a chiederne una, non mancando mai, sorridendo, di promettere di restituirla. Era il 1991 o giù di lì e quel sorriso, lo stesso di oggi, mi è sempre rimasto simpatico.
Di Antonio Ingroia non ho invece conoscenza diretta. Con il suo aspetto da acuto inquisitore, appare più ruvido del collega. Di lui mi impressionarono le parole in difesa della Costituzione, della legalità e della giustizia alla manifestazione di Roma del marzo 2011: erano forti, dirette, sentite.
Le ho ricordate in un post, a futura memoria...
Auguro ad entrambi il meglio, ma soprattutto di trovare una poltrona ancora più importante di quella da parlamentare. Nella consapevolezza, suffragata dai fatti, che ciascuno dei due potrà riuscire a far valere le proprie capacità solo se sarà messo nella condizione e al posto giusto per farlo. Abbiamo tanti esempi di magistrati che hanno appeso la toga per dedicarsi all'impegno politico e che, seppur animati dalle più buone intenzioni, hanno potuto poco o niente col loro unico voto nelle aule di Camera e Senato. E abbiamo, dal canto opposto, l'esempio di quanto un altro magistrato riuscì a fare per innalzare il livello e la qualità della lotta dello Stato nella battaglia contro l'Antistato: quell'uomo, quel magistrato si chiamava Giovanni Falcone e alla sua lucida mente di procuratore si deve la creazione della superprocura antimafia (poi divenuta
Direzione Nazionale Antimafia), risultato straordinario che egli seppe ottenere non come ministro della giustizia, ma come semplice direttore generale del ministero.
Il mio auspicio è comune per entrambi: abbiamo bisogno di voi, di Pietro Grasso + Antonio Ingroia, non dell'uno contrapposto all'altro. E, soprattutto, abbiamo bisogno che il vostro valore aggiunto non si disperda fra le oscure stanze della politica e i torbidi giochi di Palazzo, ma che altrettanto non si sprechi nelle stupide diatribe del botta e risposta. Altrimenti sì, sarebbe stato tutto vano e qualcuno sotto la coppola e qualcun altro in qualche villa se la riderebbero a ragione.
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