All'improvviso, 375 si ritrovò a schiacciare pesantemente il compagno che lo precedeva, mentre al tempo stesso veniva a sua volta pressato con forza da 376. Erano tutti premuti l'uno contro l'altro, ordinatamente e accuratamente disposti. Non uno di loro si trovava fuori posto: nè uno spigolo nè un millimetro sporgevano dalla posizione perfettamente allineata secondo la quale erano stati inquadrati. 375 era lì in mezzo, fra tanti, tutti uguali: un disegnino colorato giallo e blu su sfondo bianco, un numero di telefono e, in basso, a caratteri ben più grandi, la scritta Enrico.
Tanta era la rigidezza di quello schema che se anche avesse voluto non avrebbe potuto far capolino all'esterno nè sottrarsi a quel posizionamento che era stato loro imposto o allontanarsi da quel flusso che si muoveva ormai da un po'. Correvano lungo un percorso predeterminato, fatto di saliscendi e improvvise svolte. Due argini metallici sempre di fianco impedivano loro di perdere l'allineamento perfetto, mentre una guida mobile scorreva alla base, trascinandoli velocemente lungo tutto il percorso.
Poi un salto improvviso e... oplà, si era ritrovato sbalzato all'esterno. Per la verità non si era trattato di un salto vero e proprio: aveva fatto in tempo a scorgere un paio di mani che alzavano un certo numero di loro e li sottraevano a quella corsa, trascinandoli tutti insieme in un piccolo spazio dalle pareti rigide. Fu in questa occasione che 375 e gli altri videro per la prima volta i cartoni, lontani parenti dall'aspetto marroncino che, quando si trattava di viaggiare, assolvevano più che egregamente alla loro funzione di accompagnatori. Si ritrovarono così ben presto completamente al buio, sempre fastidiosamente pressati l'uno addosso all'altro. Per la maggior parte del tempo fermi, a volte sballottati da piccoli sobbalzi, talvolta da improvvisi e ben più forti scossoni.
Finchè arrivarono a destinazione. Non lo comprese subito, 375. Anzi, per la verità non comprese bene alcunchè, terrorizzato e stravolto da quanto in pochi attimi avvenne sopra di lui, con il cartone nel quale avevano viaggiato che veniva improvvisamente fatto a pezzi: prima fu la parte superiore ad essere strappata via senza alcun riguardo; poi toccò alla parete laterale, lacerata con la stessa immotivata violenza, più e più volte. Lui e i suoi compagni erano ormai completamente esposti, alla mercè di due mani che non ci misero molto ad afferrare un paio di loro, sfilandoli con furia da quel perfetto inquadramento, scompaginando la cura e la tranquillità di cui avevano goduto fino a pochi attimi prima. Due occhi gonfi e persi si posarono su 375, squadrandolo in ogni sua parte, sopra e sotto, avanti e dietro. Tre dita sporche lo ghermivano minacciosamente: appiccicose e maleodoranti, continuavano a strofinarsi contro di lui, piegandolo e raddrizzandolo. Ancora e ancora una volta, prima di essere gettato con disprezzo sopra un tavolo, di fianco a quel che restava del cartone.
Fu così che 375 fece la conoscenza di Enrico. E fu così, senza averne consapevolezza, che Enrico fece la sua.
Passò del tempo e tutto o quasi rimase fermo ed immobile: 375 e il compagno che era stato estratto con lui adagiati sul tavolo, gli altri ancora nel cartone. L'aria puzzava del fetore che aveva sentito sulle mani di Enrico, a volte più intenso, a volte meno. I lunghissimi momenti di silenzio coincidevano con il sonno dell'uomo e solo il suo pesante russare scandiva il passare del tempo. E per fortuna, perchè quando si svegliava a volte con lui si destava tutta la violenza che aveva conosciuto in occasione del loro primo incontro e che spesso trovava sfogo sul primo oggetto che gli capitava fra le mani. In quei momenti, 375 aveva notato che l'aria tutt'attorno era più fetida del solito.
Poi, un giorno, Enrico si alzò dal letto. Senza sbraitare aprì la finestra, respirò a fondo più volte l'odore dell'erba che veniva da fuori e quindi andò a fare una doccia. Quando uscì non sembrava nemmeno più lui. Gli occhi erano più miti e i suoi lineamenti avevano riacquistato il fascino dei successi di un tempo. 375 se ne accorse quando Enrico si avvicinò al tavolo per trasferire tutti i suoi compagni dai resti del cartone in una busta: quando prese lui e il suo compagno per infilarli in una tasca, Enrico lo fissò nuovamente, stavolta con più attenzione. Alla fine sembrò soddisfatto e un sorriso si accese sul suo viso.
L'uomo uscì. Erano diversi giorni che non lo faceva, ma ora si sentiva bene e fuori si stava ancora meglio. Prese l'auto e si diresse tranquillamente verso la sua destinazione: dal finestrino aperto entrava il sole, una bella arietta e pure un pezzo di primavera! Accese la radio, cercò una musica soddisfacente e si godette la strada nonostante il traffico. Attraversò una bella zona della città e decise che poteva fare al caso suo: parcheggiò, prese la busta e scese dall'auto. Si soffermò davanti al primo portone, trafficando con le mani fra la busta e le cassette postali del cancello, ognuna destinataria del suo bel cartoncino. Poi proseguì fino al successivo. Continuò così per tutta la via. Passò qualche ora. Alla fine si era fatto tutto il quartiere, percorrendo le strade principali e soffermandosi in prossimità dei caseggiati residenziali e degli androni dei grandi palazzi che ospitavano gli uffici. Era stanco e soddisfatto, in egual proporzione, e risalendo in auto si sentì più sereno. E anche più convinto del solito che qualcuno lo avrebbe contattato.
Anche 375, come gli altri, finì in una buca. Lui e il suo compagno furono gli ultimi a giungere a destinazione: Enrico inizialmente aveva pensato di tenere per sè il paio che aveva messo in tasca, ma poi, davanti all'ultimo cancello e alle due cassette che giusto giusto rimanevano... Così vi rinunciò, senza neanche pensarci più di tanto.
Qualche giorno dopo arrivò la telefonata: fu Chiara a parlare con Enrico e, dopo avergli illustrato sommariamente l'esigenza, a fissare un appuntamento per il giorno successivo. Non glielo disse (perchè chiaramente non aveva motivo per farlo), ma era stata proprio lei a ritirare la posta quel giorno e a decidere di mettere da parte quel simpatico cartoncino colorato per farlo vedere al Dottore, nel caso interessasse... E il destino (o il caso, fate voi) volle che il Dottore ne fu interessato: non solo per le immediate necessità d'ufficio, ma anche per un suo secondo personalissimo fine, più un sogno per la verità, che da qualche tempo gli ronzava in mente e che quanto aveva visto reclamizzato lì sopra gli suggeriva di poter finalmente realizzare.
Enrico era contento: quella telefonata gli aveva dato speranza e rafforzato le buone sensazioni di qualche giorno prima. Andò a letto e dormì tranquillo. L'indomani arrivò con qualche minuto d'anticipo all'appuntamento. Fu proprio Chiara ad accoglierlo: gli spiegò rapidamente il problema e poi tornò efficientemente al suo lavoro, lasciando a lui l'incombenza di trovare una soluzione. "Teutonica, la ragazza...", pensò Enrico mettendosi subito al lavoro. Armeggiando sapientemente lì dove lo studio della materia e gli anni di esperienza sul campo gli suggerivano di intervenire, risolse in breve tempo l'inconveniente. Chiara controllò che effettivamente tutto funzionasse, riferì al Dottore sull'esito dell'intervento e poi compensò Enrico per il lavoro ben svolto.
- Se avessimo nuovamente bisogno, la troviamo al solito numero, no? - disse indicando con lo sguardo il disegnino giallo e blu che faceva bella mostra di sè sulla sua scrivania. L'uomo prese il cartoncino, vi scorse una ditata non proprio elegante in basso a destra e sorrise. Anche 375 pensò che era la seconda volta che lui ed Enrico si fissavano.
Qualche giorno più tardi nuova telefonata di Chiara e nuovo appuntamento, questa volta col Dottore.
- Le vorrebbe parlare di un lavoretto per lui... - accennò la ragazza col suo solito fare teutonico. "O c'era un pizzico di simpatia in più?". La sensazione Enrico l'ebbe quando, al momento chiudere, il suo arrivederci sembrò essere accompagnato da un sorriso. Fu solo una sensazione, che tuttavia ebbe modo di rivivere il giorno successivo, quando Chiara lo accolse nuovamente sulla porta dello studio: nel breve tratto dal corridoio alla stanza del Dottore lui sentì che qualcosa nell'atteggiamento di lei stava cambiando. E, forse, sciogliendo. Piano piano, ma si andava sciogliendo.
Il Dottore gli parlò della sua necessità, una sorta di sogno nel cassetto rimasto tale per tanti anni a causa degli impegni professionali e della mancanza di conoscenze per realizzarlo. Niente di trascendentale per le capacità di Enrico: si trattava di un lavoro di precisione, da svolgersi certamente con la massima cura, semmai un po' lungo, ma questo fatto avrebbe in fondo giocato a suo favore, consentendogli un sicuro guadagno per i successivi nove-dodici mesi. Aveva accettato subito, senza neanche contrattare sul compenso: d'altronde la proposta del Dottore era stata più che soddisfacente, forse addirittura più di quanto egli si sarebbe aspettato...
- Credo che ci vedremo spesso nei prossimi mesi, Chiara - disse sorridendo Enrico alla ragazza mentre lei lo accompagnava verso la porta dello studio.
- Ah, sì? Proverò a farmene una ragione allora ... - rispose lei atteggiando seriamente il viso, ma affrettandosi subito dopo a rilasciare una sonora risata liberatoria. Lui le strizzò l'occhio e lei fece altrettanto: d'istinto, d'impulso, a causa di un tic...? Ad Enrico non importava. A lui importava solo che l'avesse fatto e quell'immagine gli tenne compagnia fino al giorno dopo.
Il mese successivo, quando Enrico torna allo studio per illustrare al Dottore come ha deciso di impostare il lavoro, lui e Chiara sono già usciti insieme diverse volte. Hanno avuto modo di conoscersi, di sorridere, di scherzare, di piacersi l'un l'altro e di apprezzare i benefici effetti che quella frequentazione ha iniziato a produrre nelle loro vite. Normale infatuazione o forse qualcosa di più, però... bene così! Entrambi sono felici. Qualcosa è cambiato per loro. Perfino ritrovarsi in quello stesso studio ha ora un sapore diverso, anche gli sguardi e i gesti sono diversi: Enrico rilassatamente appoggiato alla sua scrivania; lei seduta alla sua postazione, l'aria teutonica decisamente relegata in soffitta.
Enrico sorride quando Chiara gli racconta l'ennesima disavventura al pc.
- Guarda, ti faccio vedere... - Fa per piegarsi verso la tastiera e il suo sguardo incontra il cartoncino colorato appoggiato alla base del monitor. "Guarda guarda chi c'è qui". Sorride, Enrico, mentre lo solleva con la mano destra. Sorride mentre rivede l'impronta del suo pollice campeggiare da una parte, ora un po' annerita. Sorride pensando a quel cartoncino, allo scopo per cui era stato pensato, ideato, realizzato, stampato e distribuito insieme agli altri 999 che facevano parte dell'ordine. Sorride pensando fin dove quel piccolo cartoncino sia riuscito ad arrivare. E fin dove sia riuscito a portare lui.
Anche 375 incrocia i suoi occhi: li fissa da più vicino, ora che è nella sua mano. E' la terza volta che lui ed Enrico si guardano: non è passato molto tempo dalla prima, ma quante cose sono cambiate... Finalmente non è più pressato, trascinato e sballottato qua e là, nessuna minaccia incombe più intorno a sè. Anche Enrico, l'oggetto della sua stessa esistenza, pare osservarlo ora con occhi diversi. "Spero ce l'abbia fatta anche lui", pensa 375.
Ottimo.. Come sempre, del resto... Vedi che fra meno di un mese vengo a Roma.. signor proprietario terriero.. MB ..
RispondiEliminaMa dai...? Fammi sapere per tempo, mi raccomando. Voglio l'agenda dei vostri spostamenti...! ;-)
EliminaE' molto, molto semplice!!
RispondiEliminaArrivo previsto per le 12,30-13 del 26 aprile, pranzo presso un ottimo ristorantino sul lago d'Albano a due, e proprio due passi da Castel Gandolfo, che attualmente mi sfugge il nome, e relativo pomeriggio in giro per i Castelli Romani..27 intera giornata a Roma con visite ancora da definire.. 28 ancora zona Castelli che la sera siamo stati invitati al Teatro Quirino a vedere Novecento Napoletano parte II.. 29 shopping in Roma City, e 30 partenza con sosta ad Ostia Antica o giù di lì, rientro a Viareggio City per l'ora di cena circa.. Per maggiori dettagli, più avanti!!
Il 27... dobbiamo cercare di incrociarci il 27 a Roma! ;-)
EliminaSei anche tu un fan di Niccolò Fabi.... Dì la verità!!!
EliminaAh, di sicuro vado a vedermi la mostra di Gaudì e del Tintoretto..
RispondiEliminaMi suggeriscono possa trattarsi del ristorante pizzeria Da Ricciotti.. pol'esse?
RispondiEliminaCiao tesoro caro...
RispondiEliminaSon contenta di ritrovarti.
Ti abbraccio forte-forte anche io!
Il racconto è degno di te... mi chiedo come mai, ancora, non hai pubblicato nulla di tuo... romanzi intendo...^_^
PS: Bè... anche io rischio di finire da quelle parti... ma per conseguenza di uno spiacevole evento... e mica solo per 2 gg!
Se la mia metà non perde il lavoro... e l'azienda lo tiene, può anche decidere di sbarcarlo lì... Ci sono parecchi "se" ancora... ma la situazione è critica...
Uff...
Ti auguro che quei 'se' diventino al più presto certezze. Magari stabili e positive. Mi piacerebbe aggiungere anche l'augurio che siano pure desiderate, però preferisco non tirare la corda più di tanto...! ;-)
EliminaUn abbraccione, amica mia...