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Trump people

A VOLTE RITORNANO. Sarebbe stato troppo facile e scontato come titolo. Ormai troppe cose e troppe persone ritornano e non più solo a volte. Il problema, semmai, è COME ritornano. L'era del secondo Trump, 47° presidente degli Stati Uniti d'America, inizia oggi. E prende il via con una vittoria schiacciante negli Stati chiave e nel voto popolare. Una vittoria che vede il partito Repubblicano impadronirsi delle istituzioni da cui dipendono il potere esecutivo e legislativo, con Trump alla Casa Bianca e Senato e Camera - a meno di clamorose sorprese nello spoglio degli ultimi voti - che sono a un passo dal tingersi del rosso del Republican Party.  A questo si aggiunga la maggioranza dei 9 giudici che compongono la Corte Suprema, la più alta corte della magistratura federale Usa, di cui tre nominati dal tycoon durante il precedente mandato, due da Bush figlio e uno da Bush padre, mentre sono solo tre quelli di nomina democratica (due da Obama e uno da Biden). In questo modo salta de

Non più schiavi nè servi...

Un mondo di servi e di schiavi. Questo è il futuro che vorrebbe veder realizzato chi gestisce i fili del potere sul pianeta. Questo è il progetto che una manciata di menti raffinatissime e malate sta cercando di attuare sulle spalle e sulla pelle del resto della popolazione. Un mondo di schiavi, che lavorano e producono, e un mondo, più ristretto, di servi, scelti per adoperarsi affinchè tutto vada come deve andare. O meglio: come qualcuno ha scelto che debba andare.

Un mondo dove la maggior parte delle persone è schiava e pertanto destinata alla produzione, alla produzione e ancora alla produzione. Milioni e milioni di persone il cui unico scopo è quello di mettere la propria forza lavoro al servizio dei pochi che guidano il sistema: risorse umane da spremere fino in fondo, fino alla fine; da controllare attraverso il giogo della povertà e dell'ignoranza; da massificare attraverso un illusorio benessere frutto di una tecnologia di basso livello e di facile approccio. Tante piccole formiche che ogni giorno si alzano, lavorano e tornano a casa e poi il giorno dopo si alzano di nuovo, lavorano e tornano a casa. E così tutti i giorni, per settimane, mesi, anni, decenni, vite.

Uomini e donne che producono ogni giorno qualcosa di effettivo e assolutamente reale, di visibile e misurabile e che in cambio di ciò ricevono pochi fogli di carta stampata, assolutamente privi di valore intrinseco, con i quali acquistare il fabbisogno minimo di risorse che permetta loro di continuare a chiudere il cerchio ogni volta. Quale enorme inganno e assurdità: io produco Qualcosa, qualcosa di realmente tangibile, e come contropartita ricevo qualcosa di altro, il cui valore è assolutamente virtuale, un feticcio di ricompensa senza valore in sè. Qualcosa che non posso utilizzare di per sè: non posso mangiarla, non posso bruciarla per scaldarmi, non posso utilizzarla per vestirmi; posso soltanto utilizzarla per riceverne quel poco che mi permetterà di andare avanti.

Altrimenti posso portarla alle banche! E lì, a quel valore assolutamente virtuale che è il denaro, capita un altro miracolo: da valore virtuale diventa numero. Un numero: una serie di cifre che il sistema bancario svuota ulteriormente di qualsiasi residuale valore e che si rimpalla da una parte all'altra senza più alcun vincolo per il suo originale valore rappresentativo. Che in qualche modo, seppur virtualmente, era in qualche modo riconducibile al lavoro, allo sforzo, alla fatica di chi lo aveva generato.

E poi il popolo dei servi. Più ridotto come entità numerica di quello degli schiavi. Molto più esiguo e, tuttavia, molto più vicino a chi tira i fili delle sorti del mondo. Un mondo di lacchè, di uomini e donne che pur di non finire fra gli schiavi, accetta di sdraiarsi sotto il tavolo dei padroni per cibarsi dell'avanzo di turno. Si godono beati la luce riflessa che arriva loro dalla vicinanza del potente e considerano assolutamente legittime tutte le pretese di questi.

Come ciechi, non sanno più discernere. Anzi, quel che è peggio, nel chiuso della loro coscienza sanno benissimo come stanno le cose ed è proprio sui confini e sulle falle di cui soffrono le malevicende che essi conoscono che si impegnano con accanimento ad erigere le trincee più forti. Come cani addestrati, riportano fedelmente il bastone al proprio padrone, il quale, appunto, si diverte a giocare con loro. Almeno fino a quando non decide di sacrificarli sull'altare del primo machiavellico fine.

Io non lo voglio un futuro così. Non voglio più sentirmi nè schiavo nè servo. Occorre fare di tutto per cambiare questo presente.

Commenti

  1. Ciao,
    lo so che ora sorriderai storcendo il naso, ma non importa...te lo dico lo stesso perchè scrivi bene e su temi davvero interessanti
    Sei stato nominato...
    Se passi da me puoi ritirare il premio Happy 101
    A presto

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  2. Per zicin:
    Lo ammetto: ho sorriso, però non ho storto il naso. Non ho quel tipo di presunzione, è solo che non amo le catene. Amo però i gesti e ti ringrazio anche da qui per quello che hai fatto tu.

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  3. zicin non ti conosce come me ò !
    ciao amicone mioooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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