Le parole che non ho detto...

E' colpa mia se ho scelto una vita non facile. E comunque se non ho fatto di tutto per renderla meno precaria o non ho fatto abbastanza per dormire tranquillo la notte. E' colpa mia se continuo a vivere una eterna, affannosa rincorsa.

Ho avuto un esempio, un fulgido esempio di come impostare l'esistenza per affrontare la vita con maggiore tranquillità. Non sarebbe stata probabilmente la vita migliore possibile, quella con la più ampia apertura mentale, quella che ti fa assaporare un po' più del minimo sindacale. Eppure, quell'educazione rispettosa, doverosa, attenta al limite del cauto che mi era stata suggerita da mio padre e mia madre come modello cui attenersi per il futuro era lì per me: pensata e realizzata, col sacrificio che solo un genitore conosce, perchè io me ne nutrissi in giovane età e ne facessi, poi, il cammino da seguire quando la vita avrei dovuto affrontarla da solo.

Non è andata così. Per tanti motivi. Tanti, almeno, quante sono le giustificazioni che ho trovato finora con me stesso. E poi, quali che siano state le vere ragioni, resta il presente con cui fare i conti per tentare almeno di intervenire sul prossimo futuro.

E' difficile scrivere di queste cose senza cadere nel più classico dei piagnistei: di solito questi non sono altro che il prodotto di un ego che ne abusa proprio per non doversi sottoporre alle proprie responsabilità.

E allora basta, facciamola finita con questa minestrina riscaldata! Devo fare qualcosa. DEVO! Non c'è più tempo per l'attesa. Non è più tempo di giochi. Non c'è più tempo da lasciar scorrere via. Fare, fare... FARE!

Ho atteso troppi segni. Io...! Che ho smesso da un bel po' di credere ai segni. Ho vissuto gli ultimi anni pensando che forse una ricompensa sarebbe arrivata; anzi, che sarebbe dovuto arrivare per forza qualcosa per premiarmi di una vita vissuta a metà. E ogni volta era un prendersela con il Nulla che arrivava e con Chi non si decideva a mandarlo.

Vivo con pesantezza una vita passiva, fatta di rincorse, scadenze, silenzi, accettazioni. Certo un altro al mio posto se ne sarebbe liberato, come un cane si libera dalle pulci scrollandosele di dosso e arruffando il pelo. Ma io non ne sono capace o non voglio esserne capace... Chissà.

E allora... Cosa rimane?

Il guaio di avere un blog è che dopo un po' finisci per credergli, come credi al tuo analista. Così gli racconti le cose... E le racconti a tutti.

Il bello di avere un blog, invece, sta anche nel fatto che solo tu sei a conoscenza di quante parole hai scritto col sangue e non hai mai voluto che finissero in un post.

Commenti

  1. taccio commossa...anzi, una sola cosa voglio dirtela. Il coraggio porta sofferenza ma anche sole...io avevo fatto incetta di strade asfaltate di grigio. Baci.

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  2. Per Nicole:
    Grazie! E tu sai quanto.

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  3. Sai ciò che penso...e se potessi....mi trasformerei in un angelo per spingerti dall'altra parte della staccionata, a tua insaputa, laddove "vive" chi si è concesso il lusso dell'egoismo...e per questo, con meno valori, ma con più serenità, affrontano il loro cammino...Per te, non sarà, tra gli esemplari....e lo comprendo...
    Ma la vita esige di essere vissuta con dignità...e se, questo, vuol dire,che si deve anche sfondare qualche muro....che lo si sfondi! Restarne semplicemente aggrappati, non ci farà mai andare avanti e buttarlo giù.... E' una questione di "metodo"....
    Un vicolo cieco...non diventerà mai una strada ampia, che sbocca, ha seguito...e incroci...
    Dopo questo....
    Sento dal cuore di dirti che comunque, ti reputo un grande uomo,coraggioso e forte...
    Questo te lo devo...perchè solo i "forti"...non fuggono via...
    Ti abbraccio...

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  4. Per Dark:
    Sei già stata quell'angelo. E in più di una occasione, lo so bene. Lo ricordo bene. Quello che mi manda a dire il tuo cuore è bellissimo e forse troppo.
    Anch'io ti abbraccio, Dark.

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