IN UN ARTICOLO scritto più come esercizio di stile per giocare con il cognome e con il vocabolario, il buon Filippo Facci rimprovera il ministro della Giustizia Bonafede e il Movimento 5 Stelle di non sapere come stanno le cose in tema di contrasti politica-giustizia: "non è che ignorando bellamente la storia la si fa dimenticare", scrive oggi il giornalista su
Libero, argomentando che "Bonafede e compagni non hanno visto ciò che una stessa parte della magistratura ha ammesso almeno in termini generici". Il riferimento è a Tangentopoli e alle tante inchieste nate da Mani Pulite in avanti, incheste prontamente derubricate dal giornalista come "decenni di ricatti della magistratura sulla politica".
Caro Facci, probabilmente sei tu che ignori la Storia. Sei tu che fai finta di non vedere che in un Paese come il nostro il fenomeno corruttivo e il magna-magna della mazzetta (anche di quella intellettuale) sono diventati parte integrante del sistema. L'attività della magistratura dagli anni Novanta ad oggi è stata ed è tuttora l'unico baluardo a cui molti italiani - soprattutto quelli culturalmente onesti - hanno fatto riferimento.
Forse in qualche caso lo avrà pure urlato, sbagliando nel merito e nelle forme, ma la magistratura ha detto 'presente!' in un Paese dove per troppo tempo è mancata la Politica, non le tangenti e non le mafie. E se ci ritroviamo pm che svolgono un'attività così intensa nella lotta a tangenti e mafie è perché queste sono purtroppo ancora ben radicate nella nostra società. E, temo, continueranno ad esserlo, purtroppo, finché una parte di italiani continuerà a pensare e giustificare con disinvoltura - come fai nel tuo articolo - che "indagato per un politico è come dire bagnato per un ombrello: prima o poi succede". Perchè?
Caro Facci, si potrebbe replicare alla tua voglia di giocare con il cognome di Bonafede con facili battute di fantozziana memoria. Ma non mi riguarda e quindi mi astengo dal farlo. Ma una cosa voglio dirtela: facci il favore di non invocare la Storia a sproposito, prima di scrivere cose che non rendono giustizia né alla tua intelligenza né alla tua penna.
L'articolo di Filippo Facci su
Libero:
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