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Adattarsi, nel bene e nel male

È TIPICO DI NOI ESSERI UMANI: ADATTARSI . Adattarsi a tutto. Non c'è bisogno di scomodare il buon Darwin e la scienza dell'evoluzione. Fa parte della nostra natura: chiamiamolo istinto di sopravvivenza o in altri modi, il concetto è sempre quello. Ad esempio, dopo che ci siamo abituati a un determinato spazio, noi siamo spinti a dividerlo, riusciamo a dividerlo ancora e poi a dividerlo sempre di più. Riuscendo alla fine a trovare un nostro modo di stare, una nostra dimensione in uno spazio sempre più ridotto. Ci adattiamo a vivere anche in monolocali da pochi metri quadrati... La stessa cosa vale per i soldi o le risorse in genere: una volta abituati a una determinata condizione, impariamo a rimodulare la nostra vita con quello che abbiamo. E lo stesso accade quando le risorse disponibili diminuiscono, se sono sempre di meno.  Non sempre tale spirito di adattamento segue percorsi virtuosi. Ci adattiamo spesso anche a situazioni di comodo. Di comodo per noi, ovviamente. Così cap...

Il nodo (scorsoio) della Giustizia

La Giustizia continua ad essere l'ago della bilancia della vita dei governi del nostro Paese. Da Tangentopoli in poi, infatti, tutti (o quasi) i governi sono incappati - quando non inciampati e ruzzolati malamente - nel nodo Giustizia. Anzi, per l'esattezza, nei riflessi e nelle conseguenze di vicende giudiziarie che hanno coinvolto il 'Qualcuno' di turno ai massimi livelli istituzionali. 

Ricordiamo il pacchetto di provvedimenti elaborato nel '93 dal governo Amato e dal guardasigilli Conso per salvaguardare segretari di partito, tesorieri, parlamentari e imprenditori e che, per la prima volta, fu battezzato 'colpo di spugna'; l'avviso di garanzia a Berlusconi che presiedeva il G8 di Napoli nel '94; le polemiche dimissioni dell'allora guardasigilli Mancuso a seguito delle pressanti richieste di inviare gli ispettori a Milano nel '95; la guerra fra dalemiani e montiani sulle iniziative che avrebbe o non avrebbe dovuto prendere l'allora guardasigilli Flick e che, insieme all'esplosione del conflitto nell'ex Jugoslavia, portarono al ribaltone nel '98; il duro scontro con la magistratura, fra scioperi, legge Cirielli, lodo Schifani, cancellazione del falso in bilancio e polemiche sul mandato di arresto auropeo, che caratterizzò il quinquennio 2001-2006 del ministero Castelli; l'infuocato epilogo del governo Monti nel gennaio 2008, con l'arresto della moglie dell'allora ministro della Giustizia Mastella e le inchieste sulla sua famiglia e su quasi tutti i parlamentari dell'Udeur; il triennio 2008-2011 di Alfano guardasigilli, periodo di vera e propria guerriglia fra centrodestra e magistrati, a base di lodi tentati, respinti al mittente e reiterati, leggi e leggine ad hoc da una parte e di inchieste, fughe di notizie, intercettazioni strombazzate urbi et orbi e nipotine di Mubarak dall'altra.

E come potrebbe, un governo di larghe intese come quello Letta, sottrarsi ad un destino similare? Come potrebbe non trovare nella bilancia della Giustizia il suo punto più delicato? Altro che IMU... Altro che far ripartire l'economia, dare ossigeno alle imprese e stimolare i consumi... Altro che ricreare opportunità di lavoro per i disoccupati, rinnovare gli ammortizzatori sociali e trovare una collocazione per gli esodati... Il vero perno resta sempre lei, la Giustizia.

Che poi, non è neanche così. Non c'è (quasi mai) un puro e sincero interesse da parte dei governi a risolvere le problematiche che affliggono il servizio giustizia che lo Stato eroga ai cittadini. L'intento prioritario non è (quasi mai) quello di migliorare le prassi e i flussi, di abbreviarne i tempi e di rendere impossibili le furbizie, le scorciatoie o le pastoie che servono solo ad ingrassare la parcella degli studi legali. Non c'è (quasi mai) un intervento risolutivo e concreto per far sì che quello erogato non costituisca più un disservizio per i cittadini, trasformandosi, paradossalmente, in una vera e propria ingiustizia.

L'interesse è sempre e solo uno, riconducibile, alla fine, alla ricerca di immunità, impunità o accomodamenti che possano allontanare quel 'Qualcuno' di turno dalle maglie della giustizia. Da Berlusconi in giù. E lo si vede nei movimenti e nelle strategie di questi giorni, quando il nodo è costituito dalla scelta dei presidenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato: nomi proposti e caldamente sponsorizzati dai contrapposti partiti (che, obtorto collo, sono alleati nella coalizione governativa) perchè considerati sinonimo di garanzia e di affidamento. Già, chissà di quale garanzia e affidamento...

E lo si vedrà, nel prosieguo, con la decisione sulle priorità del governo in materia, con le nomine al CSM, alla Corte di Cassazione (oggi, giorno in cui sono riuniti in camera di consiglio i giudici del processo Mediaset per decidere la sentenza di appello sulla condanna di Berlusconi, che - guarda caso - ricorrerà proprio in Cassazione) e alla Corte Costituzionale, con la volontà o meno di mettere mano a certi provvedimenti piuttosto che ad altri. E poi il tema delle intercettazioni, della prescrizione, della recidiva, del falso in bilancio e degli aggiustamenti alla recente legge sulla corruzione... Insomma, niente di nuovo sotto il sole.

Alla Giustizia, intanto, è stato messo il ministro che - come insegna l'esperienza al Viminale - più di ogni altro ha saputo dire pane al pane e vino al vino, con sincera schiettezza e naturale determinazione. Riuscirà l'Annamaria...

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