Diritti civili USA (e getta...)


NEL PAESE DELLE CONTRADDIZIONI ESTREME può accadere che spinte e tendenze, anche le più opposte, camminino a braccetto. Che le conquiste civili e sociali più avanzate e significative si accompagnino alle più vergognose e squallide manifestazioni di inciviltà. E che sia le une che le altre vengano mostrate al mondo ammantate da ingenuo candore.

Così accade che in questi mesi già tormentati dalla presenza del Covid, l'assurda morte di George Floyd per mano di un poliziotto abbia nuovamente incendiato un Paese da sempre diviso e diseguale, costringendo istituzioni e cittadini USA a fare i conti per l'ennesima volta con la questione razziale e la pandemia del razzismo a stelle e strisce. In un Paese che 155 anni fa abolì la schiavitù, l’eredità di quella decisione, mai pienamente accettata, continua a non produrre significativi progressi verso l’uguaglianza razziale. Una democrazia malata di diseguaglianze razziali e sociali che, soprattutto fra i neri, consolida sentimenti di scetticismo secondo i quali non ci sarà mai parità di diritti con i bianchi.

E mentre le violenze fra le strade per vendicare una morte assurda si sommano alle perpetrate violenze della polizia e continuano a infiammare le città statunitensi, ecco arrivare, proprio ieri, una storica sentenza della Corte Suprema, con la quale si statuisce che gay, lesbiche, bisex e transgender non possono essere discriminati per il loro orientamento sessuale sul posto di lavoro. A quasi sessant’anni dal Civil Rights Act, la legge cardine sui diritti civili negli Usa, la Corte Suprema estende quindi la sua interpretazione proibendo ogni forma di discriminazione in tema di occupazione "sulla base dell'etnia, della religione, della nazionalità e del genere sessuale".

Essere al tempo stesso all'avanguardia e agli ultimi posti nel rispetto dei diritti civili non può essere consentito in un Paese che più di tutti gli altri condiziona e determina le sorti del mondo.

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