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88 Arenula e tutto cominciava...

E SONO 37! Trentasette anni di ufficio stampa nello stesso ministero. Un lasso di tempo niente male, considerando il ministero in questione... Nel 2010 un collega del giornale radio Rai, che per lavoro aveva contatti da anni con molti uffici stampa ministeriali, mi disse che, molto probabilmente, il mio collega Giovanni e io eravamo gli addetti stampa più anziani di tutta la pubblica amministrazione centrale. Beh, se aveva ragione, credo che oggi quel 'forse' se lo siano portato via i 15 anni passati da allora. Ricordassi il nome del collega giornalista, lo chiamerei per curiosità... Il mio collega Giovanni, entrato due mesi prima di me, da qualche anno non è più all'ufficio stampa. Sicché potrei essere rimasto il più anziano (in termini di servizio, ovviamente) addetto stampa di tutta la Pubblica Amministrazione centrale. Il che mi lascia un po' come Pantani quando decideva di alzarsi sui pedali e... ci vediamo al traguardo! Peccato che non ci sia più il mio adorato...

Ciao Andrew!


HAI PRESENTE QUANDO TI SENTI TALMENTE STANCO
, ma talmente stanco che poi quando ti metti a letto finisci per non riuscire a dormire? Ecco, così. Avrei talmente tante cose da dire su di te, sulla nostra amicizia, ma poi davanti alla tastiera faccio fatica a buttare giù dieci righe decenti.

Questa mattina ti ho salutato per l'ultima volta. Si dice così, no? Se saluto si può considerare appoggiare due mani sul coperchio di legno di una bara e cercare di articolare un 'ciao Andrew, ciao fratello!'. Ma ci tenevo a quest'ultimo contatto, anche se ti avevo salutato sabato scorso, nella cappella del Gemelli.

Quanti ricordi... Montagne di ricordi. A partire dal liceo, per tutti i cinque anni di Villa Sora, fra compiti di latino e inglese ricopiati velocemente sul bus dell'Acotral (all'epoca con la A davanti), battute dei film con Celentano e Pozzetto che adoravi e recitavi a memoria e l'attesa per la successiva partita del torneo di calcio di scuola. Già, quelle partite a cui non hai mai voluto rinunciare, neanche con 39 di febbre, neanche con il bicipite femorale lesionato, neanche con una montagna di compiti da fare per il giorno dopo. E quanto ti incazzavi se qualcuno dava forfait "pe ste cazzate!". E poi i panini con la mortadella e le chip stick a ricreazione, le ammucchiate per salire sul pulmann che riportava a Roma e le insistenze per scendere a tutti i costi a Subaugusta per vedere se passava la metro con il numero di vettura che preferivi.

E successivamente la tua vita braccianese nei fine settimana da me, a volte accompagnato da Antonio, ma comunque sempre con Platone e Zoe, i due carlini per i quali escogitavi mille e uno modi di soppressione. Scherzavi, ovviamente. Ma era un gioco divertente! E il mare e il lago, sofferti per il sole e il caldo, di cui eri acerrimo nemico. E poi, finalmente, la vacanza insieme sulle tue adorate Dolomiti, dove ci hai guidato per meravigliose passeggiate dopo altrettante meravigliose mangiate.

E come dimenticare le partite di calcetto? E i giorni magici nei parchi di Orlando, in Florida, compresa quella volta che ti sei tuffato in mare nonostante fosse novembre solo perchè era l'Oceano Atlantico e l'amata sponda Usa? E i libri di Stephen King, che tu adoravi e che anch'io leggevo. E le diatribe sul Signore degli Anelli, che avrei tanto voluto che tu leggessi e che invece hai sempre evitato.

E tutte le volte che, in tempi più recenti, hai provato a spiegarmi i meccanismi e la grandiosità del mondo che avevi scoperto e degli investimenti ai quali dedicavi così tanto tempo e passione? Non ci ho mai capito nulla, nè di quello nè del discorso, collegato, sulle criptovalute e il metaverso. Non ne ho mai percepito la bontà e la finalità e tu ogni volta alzavi gli occhi al cielo e... ricominciavi a spiegare!

E poi... poi... poi siamo arrivati a fine febbraio e alla necessità di ricoverarti. E i tre mesi, terribili, in ospedale, dove sei entrato un giorno per non uscire più. Nella tua ultima sera (che non sapevi sarebbe stata l'ultima) hai voluto videochiamarmi (grazie per sempre, Melissa!). E nonostante tutta la debolezza e la sofferenza nel parlare, ti preoccupavi perchè facessi quellecose che tu mi spiegavi e che io non capivo. Anche quella sera, per l'ultima volta, alzasti gli occhi al cielo... 

Una cosa però la posso fare: porterò tutto nel mio cuore. Tutti i ricordi che ho e i tanti che mi torneranno più avanti, tutti i pensieri, tutti i messaggi delle nostre conversazioni. Mi mancherai, Andrew, ma avrò tutto quello che porto dentro di me.

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