Charlie Hebdo: non ci credo

 
Non ci credo. Troppe coincidenze, troppe casualità, troppi 'guarda caso', eppure tutti ben incastrati, tutte tessere ben limate e sistemate per comporre un mosaico perfetto. Troppo perfetto. Perfetto a fini mediatici. Come al solito, da quando la nostra è diventata una società mediatica.

C'è la componente visiva e quella audio. La narrazione cronachistica dei fatti, quasi tutta raccontata dalle camere mobili degli smartphone, come è in uso ormai da tempo nelle serie tv e nei film ad alto impatto emotivo. E la colonna sonora dei colpi sparati, delle grida, addirittura degli ordini che i componenti del commando si danno fra loro. Per non parlare della trama: quelle invocazioni a dio urlate con chiarezza e a gran voce... Quasi scandite, perchè nessuno equivochi.

Le immagini riprese dall'alto, frenetiche ed affannose, come si conviene a chi fugge terrorizzato ma non può rinunciare a lasciarsi scappare l'occasione di testimoniare tutto. E che testimonianze! Tutte inquadrature che strategicamente raccontano i fatti dall'inizio e con dovizia di particolari: dall'arrivo in strada al piazzamento, dai primi colpi fortissimi alla fuga in auto. E nel bel mezzo, la drammatica e terribile scena-clou del poliziotto ferito a morte e un attimo dopo finito con fredda determinazione militare. Immagine che rimarrà come icona della strage di Parigi (oggi è sulla prima pagina di otto quotidiani su dieci), al pari di quella delle Torri Gemelle che vengono giù.

E poi la rapidità con la quale il presidente francese si affretta a recarsi sul posto, ancora caldo di morti, in piena caccia all'uomo. La sua immediata determinazione nel definire "senza alcun dubbio" la matrice terroristica di quanto accaduto. E nel frattempo il ripetuto tam tam di agenzie di stampa e tv che si lanciano fin da subito in facili dissertazioni (neanche ipotesi, ma certezze!) sul terrorismo islamico e sul fatto che gli uomini del commando invocante Allah fossero militari o reduci da missioni inviate in Iraq o in Siria. Un po' come quando, in quel famoso 11 settembre, le tv di tutto il mondo iniziarono quasi subito, e concordemente, ad attribuire ad alQaeda la responsabilità di quanto stava ancora accadendo tra New York e Washington. Dopo soltanto pochi minuti...!

La singolarità di queste tragiche e sanguinose azioni è che quando accadono ci vengono raccontate come da copione, senza che quasi nulla sia lasciato al caso: il chi, il come, il perché; e poi le modalità più cruente e, ancora, l'immagine da lasciare impressa nella memoria e che solitamente è indirizzata al cuore di chi assiste al di là di uno schermo televisivo o di un monitor del pc. Esattamente come avviene in una produzione hollywoodiana, studiata a tavolino e realizzata a dovere con tanto di effetti speciali e contorno di trailers, gadget (come la pagina Facebook creata nel giro di un paio d'ore per onorare la memoria dei morti nella strage e i cartelli con la scritta 'je suis Charlie') e icone da affiggere per sempre nella memoria di persone e social network.

Qualcuno ricorda (e lo chiedo per l'ennesima volta) quel capolavoro in tutti i sensi di Sesso e Potere (Wag the Dog), magistralmente interpretato da Robert De Niro e Dustin Hoffman? È tutto spiegato lì dentro, a partire dalla frase iniziale del film (riportata nell'immagine in testa a questo post): cosa fare e come fare per creare e montare un'onda emotiva che appoggi i nostri scopi e giustifichi le nostre successive azioni. Persino le più sordide. Persino una guerra.

Il mio "non ci credo" non suoni irriverente: quelle povere persone sono state trucidate, ammazzate da un secondo ad un altro senza perchè, finite a bruciapelo mentre con lo sguardo incrociavano gli occhi del loro assassino. A loro e alle loro povere famiglie e ai francesi attoniti devono andare i pensieri di tutti. Ma non possiamo non fermarci a pensare che quanto avvenuto sia l'ennesimo film tragico già visto, l'ennesima puntata di un macabro e sanguinoso serial che qualcuno di grande e potente sta girando da tempo, per finalità di potere e supremazia che non possono più sfuggire alla nostra mente. E nel quale noi siamo sempre chiamati ad essere gli spettatori. Quando non i corpi che rimangono a terra.

Commenti

  1. Che tristezza.

    Ciao tesoro. Come stai? è davvero passato tanto tempo... ma, io, purtroppo ho avuto qualche contrattempo... se vogliamo chiamarlo così. Ho bisogno di chiederti una cosa. Passa da me e capirai. E se puoi diffondere il mio post, te ne sarei davvero grata. Ti abbraccio forte. Con un velo di nostalgia per quei bei tempi di risa e condivisione in rete!

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