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88 Arenula e tutto cominciava...

E SONO 37! Trentasette anni di ufficio stampa nello stesso ministero. Un lasso di tempo niente male, considerando il ministero in questione... Nel 2010 un collega del giornale radio Rai, che per lavoro aveva contatti da anni con molti uffici stampa ministeriali, mi disse che, molto probabilmente, il mio collega Giovanni e io eravamo gli addetti stampa più anziani di tutta la pubblica amministrazione centrale. Beh, se aveva ragione, credo che oggi quel 'forse' se lo siano portato via i 15 anni passati da allora. Ricordassi il nome del collega giornalista, lo chiamerei per curiosità... Il mio collega Giovanni, entrato due mesi prima di me, da qualche anno non è più all'ufficio stampa. Sicché potrei essere rimasto il più anziano (in termini di servizio, ovviamente) addetto stampa di tutta la Pubblica Amministrazione centrale. Il che mi lascia un po' come Pantani quando decideva di alzarsi sui pedali e... ci vediamo al traguardo! Peccato che non ci sia più il mio adorato...

Charlie Hebdo: non ci credo

 
Non ci credo. Troppe coincidenze, troppe casualità, troppi 'guarda caso', eppure tutti ben incastrati, tutte tessere ben limate e sistemate per comporre un mosaico perfetto. Troppo perfetto. Perfetto a fini mediatici. Come al solito, da quando la nostra è diventata una società mediatica.

C'è la componente visiva e quella audio. La narrazione cronachistica dei fatti, quasi tutta raccontata dalle camere mobili degli smartphone, come è in uso ormai da tempo nelle serie tv e nei film ad alto impatto emotivo. E la colonna sonora dei colpi sparati, delle grida, addirittura degli ordini che i componenti del commando si danno fra loro. Per non parlare della trama: quelle invocazioni a dio urlate con chiarezza e a gran voce... Quasi scandite, perchè nessuno equivochi.

Le immagini riprese dall'alto, frenetiche ed affannose, come si conviene a chi fugge terrorizzato ma non può rinunciare a lasciarsi scappare l'occasione di testimoniare tutto. E che testimonianze! Tutte inquadrature che strategicamente raccontano i fatti dall'inizio e con dovizia di particolari: dall'arrivo in strada al piazzamento, dai primi colpi fortissimi alla fuga in auto. E nel bel mezzo, la drammatica e terribile scena-clou del poliziotto ferito a morte e un attimo dopo finito con fredda determinazione militare. Immagine che rimarrà come icona della strage di Parigi (oggi è sulla prima pagina di otto quotidiani su dieci), al pari di quella delle Torri Gemelle che vengono giù.

E poi la rapidità con la quale il presidente francese si affretta a recarsi sul posto, ancora caldo di morti, in piena caccia all'uomo. La sua immediata determinazione nel definire "senza alcun dubbio" la matrice terroristica di quanto accaduto. E nel frattempo il ripetuto tam tam di agenzie di stampa e tv che si lanciano fin da subito in facili dissertazioni (neanche ipotesi, ma certezze!) sul terrorismo islamico e sul fatto che gli uomini del commando invocante Allah fossero militari o reduci da missioni inviate in Iraq o in Siria. Un po' come quando, in quel famoso 11 settembre, le tv di tutto il mondo iniziarono quasi subito, e concordemente, ad attribuire ad alQaeda la responsabilità di quanto stava ancora accadendo tra New York e Washington. Dopo soltanto pochi minuti...!

La singolarità di queste tragiche e sanguinose azioni è che quando accadono ci vengono raccontate come da copione, senza che quasi nulla sia lasciato al caso: il chi, il come, il perché; e poi le modalità più cruente e, ancora, l'immagine da lasciare impressa nella memoria e che solitamente è indirizzata al cuore di chi assiste al di là di uno schermo televisivo o di un monitor del pc. Esattamente come avviene in una produzione hollywoodiana, studiata a tavolino e realizzata a dovere con tanto di effetti speciali e contorno di trailers, gadget (come la pagina Facebook creata nel giro di un paio d'ore per onorare la memoria dei morti nella strage e i cartelli con la scritta 'je suis Charlie') e icone da affiggere per sempre nella memoria di persone e social network.

Qualcuno ricorda (e lo chiedo per l'ennesima volta) quel capolavoro in tutti i sensi di Sesso e Potere (Wag the Dog), magistralmente interpretato da Robert De Niro e Dustin Hoffman? È tutto spiegato lì dentro, a partire dalla frase iniziale del film (riportata nell'immagine in testa a questo post): cosa fare e come fare per creare e montare un'onda emotiva che appoggi i nostri scopi e giustifichi le nostre successive azioni. Persino le più sordide. Persino una guerra.

Il mio "non ci credo" non suoni irriverente: quelle povere persone sono state trucidate, ammazzate da un secondo ad un altro senza perchè, finite a bruciapelo mentre con lo sguardo incrociavano gli occhi del loro assassino. A loro e alle loro povere famiglie e ai francesi attoniti devono andare i pensieri di tutti. Ma non possiamo non fermarci a pensare che quanto avvenuto sia l'ennesimo film tragico già visto, l'ennesima puntata di un macabro e sanguinoso serial che qualcuno di grande e potente sta girando da tempo, per finalità di potere e supremazia che non possono più sfuggire alla nostra mente. E nel quale noi siamo sempre chiamati ad essere gli spettatori. Quando non i corpi che rimangono a terra.

Commenti

  1. Che tristezza.

    Ciao tesoro. Come stai? è davvero passato tanto tempo... ma, io, purtroppo ho avuto qualche contrattempo... se vogliamo chiamarlo così. Ho bisogno di chiederti una cosa. Passa da me e capirai. E se puoi diffondere il mio post, te ne sarei davvero grata. Ti abbraccio forte. Con un velo di nostalgia per quei bei tempi di risa e condivisione in rete!

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