Il duo Berlusconi-Tremonti sta mettendo a punto il
piano per riallineare i conti del nostro Paese a quanto ci chiede l'Europa (per il solo fatto di far parte dell'Unione) e a quanto ci impone il ciclone della crisi economica mondiale (per scongiurare il rischio di fare la fine della Grecia e di altri Stati sull'orlo della bancarotta). E, per evitare le crisi di consenso nell'elettorato che accompagnano da sempre il varo di una manovra economica di una certa entità, hanno avuto proprio una bella pensata: una manovra che in molti hanno già prefigurato di quelle 'lacrime e sangue' (
Confindustria ha calcolato che sarà più pesante di quella che sul finire degli anni '90 fu costretto a varare il governo Prodi per consentire all'Italia l'ingresso nell'eurozona), da distribuire nel biennio 2013/2014.
Ora il caso vuole che proprio all'inizio della primavera 2013 si completerà il quinquennio di questa XVI legislatura e scadrà il mandato al governo Berlusconi: gli italiani dovranno andare alle urne per eleggere il nuovo Parlamento e, conseguentemente, decidere quindi chi dovrà governare il Paese. Basteranno 24 ore per interpretare, voti alla mano, la volontà dell'elettorato. Ma una volta sciolta questa incognita, il nuovo governo e le nuove Camere si troveranno subito a dover affrontare, fra i primissimi urgenti impegni, la pesantezza di una manovra economica ereditata, stringente ed antipopolare, che a quel punto non potrà più essere rimandata per aver già impegnato l'Italia di fronte allo scenario economico internazionale.
Si tratta evidentemente di una scelta che punta a posticipare nel tempo una grave situazione che non si vuole affrontare nei due anni che mancano alla fine del mandato e, quindi, in tempo di precampagna elettorale. Una strategia miope e superficiale da parte del governo in carica che evita e rimanda in questo modo l'assunzione di una responsabilità così importante davanti a tutto il Paese. C'è chi ipotizza addirittura che si tratti dell'ennesima polpetta avvelenata lasciata cadere da Berlusconi e soci, convinti che sia meglio sacrificare l'esito delle prossime elezioni e lasciare che sia il centrosinistra a doversi occupare di una simile patata bollente, per poi cavalcare l'inevitabile ira e il malcontento degli italiani.
Fatto sta che, chi sarà chiamato a guidare il Paese dovrà farvi i conti, indipendentemente dalle promesse fin lì fatte agli italiani in campagna elettorale, che dovranno essere ridimensionate un bel po' (per non dire rimangiate del tutto) considerata l'entità della stretta economica che è stata programmata per quel primo biennio di governo. Auguri!
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