Comunicazione e verità

IMMAGINIAMO UNA LINEA DI GALLEGGIAMENTO: sotto di essa si paga lo scotto di comunicare poco, di non spiegare abbastanza, di non fornire nozioni sufficienti ad una conoscenza per così dire minima; al di sopra, quello della saturazione, della congestione delle comunicazioni senza filtri, fino alla confusione ingenerata dalle troppe informazioni.

In entrambe i casi il risultato è lo stesso: si finisce per non capire e non conoscere le cose. Che resta il vero dato obiettivo.

Quello soggettivo ha a che vedere con le ragioni che sottendono al fatto di trovarsi sopra o sotto la linea. Si comunica poco per nascondere informazioni ai più e in tal modo mantenere una posizione di privilegio, secondo l'equazione per cui la conoscenza è potere? Oppure si favorisce appositamente la diffusione di qualsiasi informazione, da qualsiasi parte provenga, indipendentemente dalla fonte che la proponga, secondo l'altrettanto nota equazione per cui la conoscenza è libertà, ma in realtà per ingenerare dubbi e controdubbi e minare alla radice con ciò ogni tipo di certezza?

In ogni caso, una cosa appare in tutta la sua evidenza: stare sopra o sotto la linea di galleggiamento non è casuale, ma il frutto di una volontà ben precisa, di una scelta deterministica (e, spesso, anche determinata) di allontanare quanto più possibile la massa dalla conoscenza e dalla verità.

Ma siamo sicuri che alla comunicazione interessi la verità?

Commenti

  1. alla comunicazione no (o quasi) all'informazione dovrebbe

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    1. E' bella la lingua italiana. Perchè dà la possibilità di uscire dalle impasse con diplomazia. Ad esempio... col condizionale! ;)

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