Pd: più di Veltroni potè Renzi...

RIFLETTEVO su una cosa. Quando Veltroni, nel suo ingenuo e testardo tentativo di traslare il modello Roma su scala nazionale, permise a Berlusconi - senza che questi facesse praticamente nulla - di recuperare una leadership ormai perduta, che lo portò in un paio di mesi a vincere le elezioni politiche, quel centrosinistra poteva contare al suo interno sull'apporto di una sinistra ancora riconoscibile. Mentre quel centrodestra che per ben due volte era stato sconfitto da Prodi, aveva mantenuto la sua compattezza nell'asse Fi-Lega sotto la guida di un Cavaliere in parabola discendente, anche per l'incapacità di individuare una leadership diversa.
Il risultato fu che, uscita malconcia da quello che doveva essere uno scontato esito elettorale, la coalizione di centrosinistra si ritrovò di fronte a una cocente sconfitta politica. Soprattutto in prospettiva, dal momento che i rappresentanti più a sinistra rimasero per la prima volta fuori dal Parlamento e il Pd, incredulo e confuso, invece di ricompattarsi sui temi e i valori da difendere e rappresentare, si mise alla frenetica ricerca di una nuova leadership, purché sia.
E nacque Renzi, il rottamatore. Col senno di poi, Renzi lo sfilettatore del partito... Non che questo non avesse bisogno di volti nuovi nei posti di comando, intendiamoci; ma volti nuovi non significa necessariamente uno schiacciamento verso posizioni e tesi lontane dalla storia e dall'anima del partito che ha raccolto l'eredità di Berlinguer. E, quel che è peggio, con aperture di credito pressoché incondizionate ai poteri forti dell'economia e della finanza (banche e grande industria) e a danno delle classi sociali più basse che da sempre si riconoscono nel partito principale di sinistra costituendone le fondamenta.
Quel che ha fatto Renzi in questi anni alla guida del Pd è molto peggio di quanto riuscì a Veltroni. Se questi aveva recuperato Berlusconi dal punto più basso della sua parabola politica, Renzi ha avuto il merito, prima, di offrirgli una nuova dignità di interlocutore alla pari (col Patto del Nazareno) e, successivamente, di provocarne la vera e propria rinascita politica. Sua e di un centrodestra che, proprio per non essere riuscito a non esprimere una nuova leadership, ha continuato a tenersi stretta quella di un ultraottantenne.
Con la differenza, però, di non poco conto che almeno Veltroni si contrapponeva (certo della vittoria) a un centrodestra compatto che poi vinse; mentre Renzi sta portando uno sfilacciato Pd, mai così diviso, allo scontro elettorale con un  centrodestra che nel frattempo ha perso pezzi e un M5s che senza Grillo e Casaleggio fatica a ritrovarsi, ma col rischio, altissimo, di una sconfitta politica che potrebbe segnare l'inizio della fine non soltanto del partito, ma dell'intero centrosinistra in Italia.
E poi?

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