Zero regole: dall'aula scolastica all'Aula parlamentare

È un fatto che il nostro stia diventando sempre più il Paese del mancato rispetto delle regole. Peggio ancora, forse, il Paese dove si sta smarrendo del tutto il rispetto per gli altri senza neanche accorgersi di ciò. In tutto e a partire dal quotidiano.

In altre parole, quel che sta venendo meno è la capacità di contenere la libertà di esprimere pienamente se stessi entro la sfera della identica libertà altrui. Per cui, prima ancora di non ossarvare leggi e regolamenti, non ci si accorge (o si fa finta di non vedere) la persona di fronte. Che ci sia qualcuno contro il quale i nostri desiderata possano cozzare è una cosa che troppo spesso non interessa, poichè come unico obiettivo ci si pone quello di rispondere alle proprie esigenze, senza sforzarsi di capire e di vedere che davanti a noi c'è un identico bisogno di esprimere al meglio la propria personalità.

Una volta queste cose ci venivano insegnate fin da bambini, in famiglia prima di tutto e poi a scuola, a catechismo, addirittura al corso sportivo che eravamo soliti frequentare di pomeriggio. "La tua libertà finisce dove comincia la libertà dell'altro": quante volte abbiamo sentito questa frase? Era forse il ritornello più comune tra quelli che ci venivano ripetuti. E alla fine ci veniva normale ricordarlo ed averlo presente, se non sempre, almeno nella gran parte dei casi.

Certo, i bambini sono sempre bambini: per loro, la sfera della propria libertà è sempre molto più ampia di quella degli altri. Ma proprio a questo punto interviene il supporto educativo, in famiglia come a scuola: per fare in modo di rendere evidente al loro sentire la differenza fra giusto e sbagliato e per far sì che l'attitudine a saper distinguere in futuro possa svilupparsi più facilmente da basi consolidate.

Oggi, invece, questi "fondamentali" dell'educazione, del senso comune, del vivere insieme trovano difficilmente spazio fra gli "insegnamenti" di altro genere e natura ai quali i nostri figli sono abituati a prestare fin troppo facilmente orecchio. Il loro esser sordi a questa parte fondamentale dell'educazione comincia molto spesso dentro casa, dove, fra un mare di sirene pronte ad assicurare possibilità e proposte spesso da Paese dei Balocchi, sono più che abili a selezionare con cura quelle più congeniali all'immediato raggiungimento dei loro scopi (gioco, divertimento, ecc.) rispetto a quelle che si profilano più impegnative e affini al senso del dovere. D'altronde, anche il controllo dei genitori (di noi genitori...), una volta fondato sull'autorevolezza, oggi spesso scema in una patetica pantomima di autoritarietà, basata più sui decibel dei rimproveri, se non addirittura sull'uso spregiudicato e violento delle mani, che su altro.

E poi, cosa dire di una scuola dove chi è chiamato, per professione se non per missione, a forgiare menti e impartire lezioni per la prima volta dall'esterno della sfera famigliare, spesso sta in classe aspettando che la campanella suoni, più o meno con lo stesso senso di insofferenza e disagio che attanaglia i giovani studenti di fronte a lui? Non è corretto nè bello generalizzare, ma la triste situazione in cui versa, per preparazione e status, il corpo docente oggi nelle aule scolastiche non è minimamente paragonabile a quella che abbiamo vissuto ai nostri tempi.

Non è un gratuito elogio del passato, nè uno scontato 'si stava meglio quando si stava peggio'. Il problema è che sul fronte dell'educazione siamo passati da un estremo all'altro senza aver saputo prendere il buono che i due modelli propongono. Siamo passati dagli schiaffi e dalle bacchettate spesso gratuiti ad uno sfrenato garantismo a prescindere, in nome del quale troppo spesso i genitori sono i primi a far finta di non vedere nè sentire le bravate dei loro figlio; i primi a fare le barricate contro la legge e le regole stesse quando ad essere chiamati a rispondere alle proprie responsabilità sono i figli; i primi a giustificare spesso l'ingiustificabile, ma solo quando ad esserne protagonisti, in negativo, sono 'i nostri ragazzi' e non 'gli altri'.

E' un po' come se Berlusconi si mettesse in testa di fare una legge contro la corruzione che riguardi tutti, imprenditori e pubblici amministratori; una legge che, in nome della trasparenza delle regole, offra a tutte le imprese le stesse possibilità, senza favori, mazzette e manovre sottobanco; una legge che sappia prevenire ma anche reprimere quei meccanismi che i furboni del malaffare sfruttano a proprio vantaggio e senza alcuna remora per la comunità. E, dopo aver fatto una legge del genere, lo stesso Berlusconi si mettesse al lavoro per rendere se stesso e i suoi compagni di merende... ehm, volevo dire di politica... immune a qualsiasi violazione della legalità...

Non sarebbe assurdo e paradossale? Meno male che è solo un esempio...

Commenti

  1. solo un esempio dici?...Non credo e lo sai bene anche tu.
    E'tutto viziato in origine ormai.
    Abbiamo perso tra l'altro la capacità di indignarci seriamente...Panta rei os potamòs.

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